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Le Zes, zone economiche speciali, cambiano. Si allargano, ma l’obiettivo rimane lo stesso: attirare l’interesse degli investitori. In attesa del decollo delle Zes territoriali istituite nel 2017 e in attesa della “Zona economica speciale unica” per le regioni del Sud Italia – annunciata nei giorni scorsi dalla Commissione europea, su cui al momento non si sa nulla di certo – una riforma delle aree produttive è inserita negli obiettivi del Pnrr. La parte tecnica, riguardante la riforma della struttura commissariale e la ridefinizione dei rapporti con le regioni, è stata completata nel 2021. Quella operativa, che prevede investimenti a nove zeri, è tuttora in corso. A scriverlo in un report è Svimez, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.

L’ultimo treno per il rilancio del Mezzogiorno

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza “destina circa 630 milioni di euro agli interventi infrastrutturali finalizzati ai collegamenti con la rete nazionale dei trasporti”, ma soprattutto “1,2 miliardi per il rafforzamento dei principali porti del Mezzogiorno”. Risorse che per l’associazione rappresentano “l’ultimo treno” per il rilancio del Sud Italia. “Non si può sprecare l’occasione del nuovo ciclo di investimenti reso possibile da Pnrr e Politiche di coesione nazionali ed europee”.

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Più poteri al commissario delle Zes

Come detto, la riforma ha previsto anzitutto la ridefinizione dell’attività e dei poteri del Commissario. Inizialmente quest’ultimo aveva soltanto un ruolo di “facilitatore” di azioni e decisioni altrui, non poteva incidere su scelte strategiche e di programmazione economica e non disponeva di una struttura propria. Con la riforma inserita nel Piano nazionale di ripresa – realizzata a fine 2021 – le cose sono cambiate. Oggi il Commissario ha poteri autorizzativi, può assumere funzioni di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni in materia di contratti pubblici. Gli è consentito inoltre di operare attraverso ordinanze, ponendosi come “interlocutore unico” per gli investitori (anche grazie a uno sportello unico digitale e il ricorso all’autorizzazione unica). Inoltre le regioni devono “adeguare la programmazione dei fondi strutturali alle esigenze Zes e concordare le linee con il Commissario”, che può contare su una struttura tecnica autonoma.

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La strategia sugli investimenti

Secondo l’ultimo Monitoraggio sul Pnrr, pubblicato a marzo 2023, la parte relativa agli investimenti è tuttora in corso. A proposito di investimenti, per gli esperti occorre un cambio di approccio. Perché una Zes funzioni al meglio occorre “definire ex ante le priorità produttive“, e sfruttare le caratteristiche del territorio “stabilendo puntualmente i punti nevralgici e il raggio d’azione delle Zes attorno agli snodi logistici del Sud“. Allo stesso tempo, si legge nel report, bisogna “accompagnare lo sviluppo e la localizzazione di imprese innovative con politiche per la formazione e la valorizzazione del capitale umano disponibile (accordo con Università e Its)”. Gli obiettivi fondamentali delle Zes, si legge ancora nel documento, sono soprattutto due. Da una parte, “sostenere l’ampliamento e l’integrazione del sistema produttivo meridionale nelle filiere strategiche europee. Dall’altra, “contribuire a rendere il Mezzogiorno ‘bene posizionale‘ in Italia e in Europa”, cioè farne uno dei “motori” economici del Continente.

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Cosa prevedono le Zes oggi

Al momento le Zes italiane sono otto, e sono state istituite con il decreto legge 91/2017, convertito dalla legge 123/2017, che parla di zone “all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative”. Sei Zes ricadono nel territorio di singole regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia Orientale, Sicilia Occidentale e Sardegna. Due si estendono a cavallo tra regioni diverse: la Zes Ionica Interregionale (Puglia-Basilicata) e la Zes Adriatica Interregionale (Puglia-Molise). Al momento la Zona economica speciale prevede un credito d’imposta fino a 100 milioni per investimento, misura estesa anche all’acquisto di terreni e immobili, nonché la riduzione del 50 per cento delle imposte sul reddito d’impresa. Ci sono poi vantaggi legati al regime di zona franca che si applica nelle Zes. Tra questi, agevolazioni fiscali per circa 250 milioni di euro.

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Sud forte nella tecnologia

Le Zes hanno avuto iter diversi a seconda della regione. Quella della Sicilia Orientale dalla partenza nell’estate 2022 ha generato un volume d’affari di circa 300 milioni di euro. Il tipo di imprese rispecchia le peculiarità del territorio. Svimez sottolinea come il Mezzogiorno si distingua per le aziende all’avanguardia, citando dati precisi. Le attività “ad alta tecnologia” sono quasi 53 mila, l’11 per cento del totale nazionale, e danno lavoro a oltre 76 mila addetti, il 6,6 per cento dato italiano. Il valore aggiunto generato da queste imprese supera i 18 miliardi, il cinque per cento del totale nazionale. Ogni regione, si legge nel report, ha una sua specificità. La Sicilia si distingue “nella fabbricazione di computer e prodotti elettronici”, l’Abruzzo va forte “nella fabbricazione di autoveicoli”, mentre Campania e Puglia spiccano “nella fabbricazione di mezzi per il trasporto ferroviario e aereo”.

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Aspettando la riforma Ue

Sullo sfondo, come accennato, il via libera della Commissione Ue all’unificazione ufficiale delle aree. I dettagli del progetto non sono stati ancora diffusi, ma la notizia è stata accolta positivamente dal Governo italiano. “Molto bene la luce verde della Commissione europea alla creazione di una Zona economica speciale unica per le Regioni del Sud Italia”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, assicurando che “lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno è una priorità del nostro Governo”, ma precisando che tale obiettivo “deve essere raggiunto abbandonando la logica assistenziale che non funziona, ma dando opportunità di lavoro e crescita”. Nei fatti, secondo Svimez, la Zona unica esiste già. Si tratta del “poligono” che unisce Catania, Palermo, Napoli, Bari e Taranto e le rispettive Zes, che hanno le potenzialità per “diventare un naturale attrattore di investimenti“, dando “un contributo decisivo” alla crescita del Paese.



 

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