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Genova – I crediti d’imposta illegalmente derivanti da bonus edilizi, ricevuti tramite cessione e già compensati, non possono essere sequestrati. È questo, in sintesi, quanto affermato nella sentenza n. 9833 emanata dalla Corte di Cassazione lo scorso 7 marzo, con la quale si aggiunge un tassello importante al quadro giurisprudenziale sui sequestri del Superbonus, che lascia intendere che in simili casi non è possibile per il P.M. imporre l’annullamento della compensazione.

Frodi Superbonus e sequestri
Uno degli argomenti più caldi in tema di Superbonus riguarda le ipotesi di truffe e frodi, dalla costituzione fittizia di cantieri alla sovrastima tramite atti falsificati dell’ammontare delle detrazioni spettanti. Se tale comportamento è certamente perseguibile nei confronti di chi lo mette in atto (in primis il beneficiario del Superbonus), le cose si complicano quando il credito d’imposta basato sulla detrazione viene fatto circolare tramite cessione. Non è detto, cioè, che chi lo riceve sia “complice” di chi lo cede, ed è anzi molto più probabile che egli si trovi in una posizione di buona fede. È per questo che la disciplina del Superbonus fa salvo il cessionario che possiede un lungo set documentale da qualsiasi conseguenza in termini di corresponsabilità con il cedente. Eppure, come emerge da varie sentenze in materia, tale circostanza non mette al riparo dalla possibilità, per chi ha ricevuto il credito, di vederselo sequestrato, in quanto si tratta comunque di una cosa pertinente il reato.

Il meccanismo è però ancora più intricato di così, poiché non è improbabile che il cessionario abbia già compensato il credito ricevuto, scontandolo dalle proprie imposte, con la conseguenza che quest’ultimo non è più nella sua disponibilità e non può, in linea teorica, essere sequestrato.

Ma c’è di più, poiché la menzionata sentenza della Cassazione ha posto le basi per ritenere che in simili casi il P.M. non possa autonomamente procedere all’annullamento delle operazioni di compensazione avvenute prima dell’ordinanza di sequestro. Se ciò avviene, però, colui che vuole opporsi deve stare attento a impugnare l’atto corretto.

La sentenza
La vicenda sorge in relazione a un procedimento a carico di due imprese, l’una committente e l’altra esecutrice di lavori agevolabili con Superbonus, che avrebbero posto in essere una truffa per ottenerlo. In conseguenza di ciò, era stato disposto dal Tribunale il sequestro dei crediti d’imposta ottenuti da tali imprese, nonché di quelli ceduti a terzi.

Una terza impresa, dunque, che aveva ricevuto detti crediti in buona fede, è stata oggetto dell’ordinanza di sequestro, scegliendo di impugnarla in Cassazione. Infatti, il P.M. ha disposto l’annullamento delle operazioni di compensazione già effettuate dall’impresa, con un provvedimento ritenuto da quest’ultima “illegittimo se non abnorme”, considerato che l’ordinanza del Tribunale non prevedeva tale decisione.

Effettivamente, un credito già ceduto prima dell’emissione dell’ordinanza di sequestro, risulta essersi estinto. Tuttavia, la Cassazione non ha potuto accogliere il ricorso dell’impresa, in quanto quest’ultima avrebbe dovuto impugnare l’atto del P.M., e non l’ordinanza di sequestro. Questa, infatti, è di per sé legittima, considerato il consolidato principio di diritto per il quale il sequestro “implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede”.

Come tutelarsi
I dubbi sul “destino” dei crediti Superbonus illegali ma già compensati dal terzo che non ha commesso alcun reato rimangono allora aperti. Tuttavia, da questa sentenza emerge almeno qualche indizio su come muoversi per evitare che l’operazione di compensazione venga annullata.

Se, cioè, si è destinatari di un’ordinanza di sequestro e il P.M. attiva la Guardia di Finanza per cercare di recuperare le somme già utilizzate a scomputo delle imposte, impugnare detta ordinanza porterà con buona probabilità a un nulla di fatto. Eppure, il fatto che la Cassazione esplicitamente affermi che la decisione di annullare la compensazione non era affatto prevista nell’ordinanza di sequestro e che dunque vi erano tutti i presupposti per opporvisi, lascia comprendere come in tali situazioni vi sia ampio spazio per contestare il provvedimento del P.M.

 

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