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Marcia a rilento per la sesta rata del PNRR: sarebbe stato raggiunto il 28% degli obiettivi previsti per fine giugno. Un dato messo in evidenza da un’analisi dell’ORep, l’Osservatorio Recovery Plan di Fondazione Promo Pa e Università Tor Vergata, pubblicata sul Sole 24 Ore, anche se contestato dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto, secondo il quale la percentuale non corrisponde all’attuale avanzamento degli obiettivi. Alla contestazione del ministro, però, fanno eco le parole di Annalisa Giachi, responsabile Ricerche di Fondazione Promo Pa e coordinatrice OReP: “Il 28% è quanto risulta a noi dalle relazioni ufficiali disponibili. Comunque riteniamo che tutti i target siano raggiungibili alla scadenza”. Per il restante 72% è prevista un’accelerazione nelle prossime settimane. La stessa Giachi spiega al Sussidiario lo stato dell’arte del PNRR, che ha messo a terra il 60% delle risorse arrivate ma che ora deve affrontare la fase più importante, quella dei cantieri, della realizzazione delle opere, che dovrebbe incidere anche sul PIL.

Secondo Il Foglio la riscrittura del PNRR per ottenere i fondi europei avrebbe penalizzato il Sud: solo il 19% degli interventi finanziati relativi a opere idriche riguarderebbe il Mezzogiorno, mentre nella prima versione era il 40%. Si finisce per allargare la forbice fra due aree del Paese?

Il dato sulle opere idriche è vero: nella revisione sono stati mantenuti progetti che sono principalmente nel Centro-Nord. In linea generale, però, dovrà essere rispettato il criterio del minimo del 40% di risorse destinato al Sud. Nel momento in cui il governo vedrà che questa quota non viene rispettata, con le risorse residue probabilmente si faranno nuovi bandi, aperti esclusivamente al Sud. Sui progetti idrici c’erano molti problemi nella prima versione, probabilmente saranno spostati tutti sui fondi di coesione. La logica di Fitto è questa: tutto ciò che rispetta i requisiti PNRR viene salvato, tutto ciò che è a rischio viene spostato su altri fondi con nuove coperture finanziarie.

La quota del 40% delle risorse per il Sud è un criterio complessivo del PNRR o riguarda anche le singole missioni del piano?

È complessiva, però poi è articolata anche per missione. Non riguarda tutti gli investimenti, ma la maggior parte sì. Per raggiungere il 40%, il vincolo è anche sulle singole misure: può capitare che in alcuni casi non sia stato rispettato, ma c’è la possibilità di spostare il progetto su altri fondi o di fare altri bandi. Poi bisognerà vedere i conti finali.

C’è quindi la possibilità di altri bandi per ovviare alle carenze di assegnazioni relative al Sud?

Sì, si possono indire altri bandi, con un avviso magari solo per il Sud. Su altre misure si è proceduto in questo modo. Certo, se il Sud non presenta progetti mentre il Nord lo fa, è come il cane che si morde la coda.

Il PNRR insomma ha evidenziato una differenza tra la pubblica amministrazione del Nord e del Sud?

In termini di progettazione un po’ sì, soprattutto se si tratta di interventi di un certo respiro. Molti progetti erano pronti al Centro-Nord e per questo hanno partecipato ai bandi. Ci sono comunque gli strumenti per utilizzare le risorse non spese, fare nuovi avvisi, spostare gli interventi che oggettivamente non sono fattibili fuori dal PNRR e finanziarli in altro modo.

Fitto si sta muovendo anche sulla quinta e la sesta rata; a che punto siamo su questo fronte?

Siamo in attesa del pagamento della quinta rata da 12 miliardi di euro, la sesta rata è pari a 9,2 miliardi con 39 obiettivi, al momento ne sono stati realizzati il 28,2%. Sulla sesta siamo a metà del guado, non è molto ambiziosa anche se comprende riforme importanti, come quelle sulla disabilità, sulla politica di coesione, relativa ai fondi per la programmazione europea scandita su settennati. È l’altro pilastro dei soldi che arrivano dalla UE: abbiamo 194 miliardi dal PNRR poi 70 miliardi chiamati fondi di coesione, fondi strutturali disponibili per l’Italia, gestiti dalle Regioni, e che purtroppo ancora oggi spesso non riusciamo a spendere.

Nella sesta rata che opere vengono finanziate?

Ci sono le aggiudicazioni per gli appalti delle tratte ferroviarie Orte-Falconara e Taranto-Battipaglia, crediti d’imposta per la transizione 4.0, assunzioni per i tribunali, riduzione delle discariche abusive. Questa rata la dobbiamo ancora presentare, scade a giugno.

La quinta invece che cosa riguarda?

Era di 18 miliardi e con la revisione sono diventati 12, per 52 obiettivi: è relativa a finanziamenti per le borse di studio universitarie e programmi di ricerca e innovazione, all’entrata in vigore delle linee guida sugli appalti digitali e all’aggiudicazione di alcuni appalti per la Salerno-Reggio Calabria e le infrastrutture idriche.

Dal punto di vista della realizzazione delle opere c’è un dato che dà l’idea di quello che è già stato fatto?

Un dato di sistema non ce l’abbiamo. Le risorse messe a terra sono intorno al 60% di quello che ci è arrivato. Non vuol dire cantieri già aperti, ma che le procedure sono state avviate, che siamo in fase di gara, di aggiudicazione o di cantiere. Comunque siamo oltre la metà del guado, nella fase piena di attuazione: la realizzazione di quello che è in cantiere inizia adesso. Le gare l’anno scorso e quest’anno hanno avuto un exploit pazzesco, ora siamo all’esecuzione, alla prova del cantiere.

Finalmente in termini di PIL dovremmo vedere qualche segnale?

Dipende, appunto, dalla realizzazione dei cantieri.

(Paolo Rossetti)

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