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Non c’è pace per il Superbonus e sarà la quarta o la quinta volta che lo scriviamo in pochi mesi. Ma la vicenda è così importante per migliaia di famiglie italiane, imprese e professionisti coinvolti, che ogni nuovo alert lanciato dal Governo sull’argomento sortisce una eco comunicativa importante.

E’ scontro infatti nella maggioranza tra le indicazioni proposte dal Ministro Giorgetti e il Vice Presidente del Consiglio Tajani perché il primo, su indicazioni della Ragioneria Generale dello Stato e di Banca d’Italia, dopo lo stop alle cessioni dei crediti e allo sconto in fattura, vorrebbe portare le detrazioni fiscali e le relative compensazioni delle imposte da 4 a 10 anni, ed il secondo, sostenendo un legittimo principio di civiltà giuridica, chiede che non vi sia retroattività della norma e non si impedisca la detrazione in 4 o 5 anni per i crediti già maturati. Per spiegare ai lettori il senso del dibattito occorre ricordare che in linea generale le detrazioni per opere edilizie di possono indicare in dichiarazione dei redditi in 10 anni come previsto dal TUIR. In epoca di Pandemia da Covid19, quando il Superbonus è stato introdotto con finalità incentivanti per il mercato, la detrazione per lavori di ristrutturazione edilizia, in questo caso per incentivare l’efficientamento energetico, non solo fu portata dal 50% al 110% ma consentita in un tempo inferiore, di 5 anni per un periodo e di 4 subito dopo.

Questa riduzione dei tempi serviva a favorire la vendita dei crediti fiscali dei cittadini, per le ristrutturazioni, a imprese o istituti di credito che ne avrebbero approfittato per compensare le imposte e i contributi del personale dipendente in un tempo minore. Questa riduzione dei tempi però si traduce in una perdita di introiti per lo Stato, che non incassa più risorse in quanto compensate dalle imprese e dalle banche. E siccome il valore generale degli impegni dello Stato verso la questione Superbonus ha sfondato quota 200 miliardi di euro, oltre addirittura il valore del PNRR, la vicenda desta preoccupazioni serie sul piano della tenuta del Bilancio dello Stato. Il Ministro dell’Economia corre ai ripari e nella notte tra il 10 e l’11 maggio sottopone un emendamento al Decreto Superbonus, che deve essere approvato in Parlamento, e che contiene le seguenti condizioni:
• atteso che dal 2024 non si potrà più cedere nuovi crediti o effettuare nuovi sconti in fattura ma portare in detrazione solamente, in dichiarazione dei redditi, il valore delle ristrutturazioni da Superbonus, per queste detrazioni e solo per queste, fino a tutto il 2025 – data di termine ufficiale della agevolazione – i tempi di detrazione passano da 4 a dieci anni.
• Sono salvi quindi i crediti già a cassetto fiscale di imprese e cittadini ma per le nuove detrazioni in dichiarazione dei redditi ci sarà obbligo di rateazione in dieci anni. Si tratta di 12 miliardi di euro in due anni da “spalmare” in un decennio.
• Dal 2025 gli istituti di credito e le assicurazioni non potranno utilizzare i crediti fiscali in compensazione dei contributi previdenziali. Si tratta di una stretta drammatica che disincentiva ancora e ancora, da parte delle Banche, l’acquisto di crediti fiscali rimasti in pancia a imprese e cittadini. Lo stop non riguarda l’annualità 2024 ma solo quella successiva.
• Arriva la norma anti usura, finalmente, che impedisce di lucrare eccessivamente su imprese che cedono i loro crediti. Gli acquirenti che acquistano ad un prezzo inferiore al 75% subiranno un obbligo di compensazione a 6 anni dei crediti acquistati e non potranno cedere a loro volta a terzi gli importi acquistati. Si tratta in questo caso di una norma di dignità per evitare che migliaia e migliaia di imprenditori sul lastrico continuino a svendere crediti fiscali favorendo una speculazione indecente.
• Vengono, poi, istituiti due fondi. Uno da 35 milioni per il 2025 per gli interventi di riqualificazione nelle aree interessate dalla ricostruzione nei territori colpiti dal sisma; l’altro da 100 milioni per il 2025 la riqualificazione energetica e strutturale realizzata dagli enti del terzo settore, dalle Onlus, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale. Il modello dei contributi a fondo perduto è quello che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti aveva più volte richiamato nel corso delle audizioni al decreto.
• Non potranno più essere cedute le rate residue di crediti per i quali sia stata utilizzata almeno una rata. In sostanza, chi ha iniziato a detrarre non potrà più cedere quello che rimane dei crediti di imposta.
• Le verifiche dei Comuni, effettuate nell’ambito della normale attività di controllo sugli abusi, saranno estese a tutte le agevolazioni, non solo al superbonus. Quando l’amministrazione rilevi l’inesistenza, totale o parziale, degli interventi dichiarati per le agevolazioni, lo segnalerà agli uffici della Guardia di finanza e dell’agenzia delle Entrate. Ai Comuni viene riconosciuta una percentuale del 50% di quanto riscosso.

* Dottore Commercialista
Revisore Legale



 

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