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La fattura emessa da un gestore privato di servizi energetici non è un atto impugnabile dinanzi al giudice tributario, in quanto atto non rientrante nell’elenco tassativo previsto dalla legge e mancando la natura di atto tributario della stessa.
Sul caso è intervenuta la Corte di Giustizia Tributaria di Roma secondo la quale la fattura è diretta a rideterminare un corrispettivo stabilito nel contratto di compravendita dell’energia elettrica, costituendo un onere che non può qualificarsi come un tributo.

Atti impugnabili: elenco tassativo

La giurisdizione delle Corti di Giustizia Tributaria presuppone la natura tributaria della controversia, essendo stata dichiarata l’illegittimità della norma che riserva alle CT anche la cognizione delle sanzioni comunque irrogate dagli uffici finanziari. La giurisdizione tributaria si configura come giurisdizione di natura generale, che si radica indipendentemente dalla specie dell’atto impugnato, ferma la riconducibilità di quest’ultimo alle categorie indicate tassativamente all’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992. L’art. 19, comma 1, del d.lgs n. 546/1992 elenca espressamente gli atti che sono impugnabili e che rientrano nella competenza del giudice tributario. Secondo tale disposizione sono impugnabili:

  1. l’avviso di accertamento del tributo;
  2. l’avviso di liquidazione del tributo;
  3. il provvedimento che irroga le sanzioni;
  4. il ruolo e la cartella di pagamento;
  5. l’avviso di mora;
    e-bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili, ecc. Il successivo comma 2 (modificato dall’art. 4 legge n. 130/2022), prevede che tutti gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l’indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell’art. 20.

A seguito della riforma sul contenzioso tributario – di cui al d. lgs n. 220/2023 (GU n. 2 del 3.01.2024 di attuazione della delega per la riforma fiscale, in vigore dal 4.01.2024 -, il legislatore ha previsto tra gli atti impugnabili elencati al citato art. 19 d lg n. 546/1992, la possibilità di impugnare anche…

…“il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quater della legge 212/2000(lett. g-bis), nonché ilrifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quinquiesdella stessa (lett. g-ter).

L’impugnazione dell’autotutela obbligatoria (lett. g-bis) e dell’autotutela facoltativa (lett. g-ter) non può essere finalizzata ad ottenere il rimborso di somme o l’annullamento dell’atto impositivo presupposto, ma la sentenza può soltanto disporre che l’ente impositore proceda ad effettuare il riesame della questione che è oggetto dell’istanza di autotutela.

 

Il caso: impugnazione della fattura elettronica avente ad oggetto la rettifica del prezzo di cessione del servizio elettrico

Nella fattispecie in esame, la società ricorrente ha proposto ricorso avverso la fattura emessa dalla società gestore di servizi energetici avente ad oggetto la rettifica del prezzo di cessione dell’energia ai sensi dell’art. 15 bis del decreto legge n. 4 del 27/01/2022.

La società, ritenendo che la predetta fattura fosse qualificabile come atto tributario, ha eccepito l’illegittimità della stessa derivata per incostituzionalità dell’art. 15-bis del citato decreto n. 4/2022.

La società dal canto suo ha sostenuto in primis un difetto di giurisdizione del giudice tributario adito, chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

La Corte di giustizia ha ritenuto che l’atto impugnato, ossia la fattura emessa dalla società, non può essere classificata come un provvedimento rientrante nella competenza del giudice tributario, sia perché non essendo ricompreso nell’elenco tassativo di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, sia perché l’atto impugnato non ha natura di atto tributario neppure in una ampia accezione del termine.

È stato rilevato che la fattura emessa dalla società oggetto dell’impugnazione è diretta a rideterminare un corrispettivo fissato nel contratto di compravendita dell’energia elettrica tra la società e il gestore, imponendo un prezzo durante la contingenza economica del conflitto russo-ucraino.

Secondo i giudici tributari tale onere non può qualificarsi come un tributo, non poggiando peraltro su una specifica capacità contributiva del contribuente, ma inserendosi, attraverso imposizione di un determinato prezzo, ai fini della regolamentazione di un negozio di tipo privatistico diretto al solo scopo di adeguamento di un prezzo di mercato.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, una fattispecie deve ritenersi…

…“di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti ossia la disciplina legale deve essere diretta a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese” (cfr. Corte Cost n. 89/2018; n. 269 e n. 236/2017).

Alla luce di quanto sopra la Corte di Giustizia ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, compensando le spese di giustizia.

 

La Giurisprudenza sugli atti autonomamente impugnabili

Gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica.

Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche le fatture TIA possono essere impugnate davanti al giudice tributario, nonostante non siano ricomprese nell’elenco degli atti opponibili di cui all’ art. 19 D. Lgs n. 546/1992.

Tale fattura avente ad oggetto la richiesta di un corrispettivo relativo ad una entrata di natura pubblicistica e, dunque, avente natura impositiva, è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento (Cassazione n. 2029/2024).

Il contribuente ha facoltà, non l’onere, d’impugnazione di atti diversi da quelli indicati nell’art. 19 (come la fattura TIA), il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento; ciò comporta che la mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (ossia la cristallizzazione) di questa pretesa, che può essere poi reiterata in uno degli atti tipici previsti dallo stesso art. 19 (Cassazione n. 11481/2022).

Il contribuente può ricorrere, senza essere obbligato, al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portano comunque a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa abbia la forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (nel caso specifico rientra tra questi anche la comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis, comma 3, DPR n. 600/1973 che evidenziano incongruenze dei dati indicati nelle dichiarazioni fiscali) (Cassazione n. 3466/2021).

La componente della bolletta sul consumo dell’energia elettrica non ha alcun collegamento con la parte tributaria e non incide quindi in alcun modo sulla capacità contrattuale delle parti per lo specifico settore merceologico.

Non spetta alle Commissioni Tributarie valutare la costituzionalità degli atti amministrativi ove si sovrappongono questioni di congruità e ragionevolezza con finalità sociali e politiche.

Attesa la natura tributaria della pretesa in esame, ancorché veicolata attraverso atti di non stretta collocazione erariale in quanto emessi da enti estranei alla P.A., occorre rilevare la competenza del giudice tributario per la valenza D.Lgs 546/1992 nella definizione degli atti impositivi autonomamente impugnabili (CTR Piemonte n. 241/2020).

Rientra nella giurisdizione tributaria il provvedimento impugnato di annullamento della comunicazione ex art. 121 del DL n. 34/2020 (riguardante detrazioni per spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici), sebbene non elencato tra quelli indicati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/92, ciò nonostante la possibilità di cessione del credito si pone come una delle possibilità attraverso le quali il contribuente può beneficiare dello sconto fiscale previsto dalla norma agevolatrice e, pertanto, costituisce, sicuramente, un elemento della struttura tributaria del beneficio fiscale (CGT 1° gr Trieste n. 81/2023).

Il contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario, imposto alle imprese produttrici o rivenditrici di energie, gas e prodotti petroliferi dall’art. 37 D.L. n. 21 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 51 del 2022, ha natura tributaria; si caratterizza per la sussistenza di tutti i presupposti individuati dalla giurisprudenza, sia della Corte costituzionale sia della Corte di Cassazione, affinché una prestazione patrimoniale possa ritenersi di natura tributaria: previsione con disposizione di legge; idoneità a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; mancanza di un nesso sinallagmatico che giustifichi tale decurtazione; destinazione delle risorse così reperite alle pubbliche spese (Tar Lazio di Roma n. 15217/2022).

 

Fonte: Sentenza CGT 1° gr Roma n. 3093/2024.

 

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Martina Di Giacomo

Giovedì 16 maggio 2024

 

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