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Prima dell’arrivo del Covid-19 vi era in corso una vera e propria febbre per il debito dei mercati emergenti che si era dimostrato un’interessante fonte di rendimento con una minore correlazione con le altre asset class del reddito fisso. Eppure, la pandemia aveva rapidamente abbassato le temperature in questo settore, con una rapida escalation dell’inflazione e dei tassi d’interesse.
Oggi, a quasi cinque anni di distanza e nonostante l’aumento dei rischi geopolitici, il mondo del debito dei mercati emergenti continua a crescere e maturare. A tal proposito, Cathy Hepworth e Denis Cole, esperti di mercati emergenti all’interno del team di PGIM Fixed Income, hanno analizzato cinque cambiamenti strutturali attualmente in corso che hanno il potenziale di spingere la performance di questa asset class nel futuro.

1. Controllo dell’inflazione: da venti contrari a venti a favore

Nel passato gli esperti erano convinti che il motivo principale per cui i mercati emergenti erano in grado di sovraperformare sui mercati sviluppati fosse la loro velocità di crescita. Questo è innegabile, ma come hanno dimostrato gli ultimi anni, non è l’unico motivo.
Sono anni, ad esempio, che la Cina sta abbassando i suoi ritmi di crescita, anche se per ora rimangono ben sopra la soglia del 2% e, nonostante le sfide che ha dovuto affrontare recentemente, non ha perso di vigore o di interesse.

    Inoltre, ad aver fatto la differenza, sono state le politiche implementate dalle banche centrali, anzi la rapidità con cui queste sono state messe a frutto. Non appena l’inflazione si è alzata, i paesi emergenti, già abituati a convivere con tassi di inflazione ben più alti rispetto a quelli occidentali, hanno agito immediatamente alzando i tassi d’interesse. Gli effetti di queste politiche drastiche sono stati ben chiari sui mercati: mentre l’inflazione scendeva, la spesa delle famiglie rallentava. Una reazione così rapida ha permesso alle banche centrali di iniziare con anticipo i cicli di riduzione dei tassi, tornando a sostenere la crescita.

    2. Paesi emergenti, ma con economie sempre più mature

    Se fino a vent’anni fa mercati emergenti e default erano inseparabili, negli ultimi anni la situazione è migliorata drasticamente e, anzi, questi paesi hanno dimostrato di avere mercati sempre più resistenti. Questo è stato reso possibile grazie all’attuazioni di politiche mirate da parte dei governi e delle banche centrali, oltre alla spinta arrivata dalla crescita delle esportazioni.
    Una politica fiscale disciplinata e, in caso di necessità anche ortodossa, ha reso la struttura del debito solida e orientata verso finanziamenti nazionali e di alta qualità. Ma la causa principale dietro alla crescita costante di questi paesi si trova proprio nell’esportazione. I mercati emergenti godono infatti di ampie riserve di materie prime e grazie alla crescente domanda di litio, rame, nickel, terre rare e idrocarburi per sostenere l’espansione tecnologica, la volatilità di questi paesi si sta abbassando.

    3. Il debito si abbassa e i fondamentali sono più solidi

    “L’investimento nel debito si basa principalmente sui fondamentali combinati con il potenziale di crescita di lungo periodo e, in entrambi questi aspetti, i mercati emergenti iniziano a distinguersi rispetto ai mercati sviluppati”, spiegano gli esperti. Infatti, sorprendentemente, la maggior parte delle economie in via di sviluppo ha un rapporto debito/Pil inferiore rispetto a quello dei mercati sviluppati.
    I paesi emergenti sono molto più vulnerabili agli shock mentre i mercati sviluppati possono godere di una maggiore capacità di indebitamento, godendo di un Pil pro capite più elevato, minore volatilità della crescita e del finanziamento nelle proprie valute.

    4. Popolazione giovane e in crescita

    Invecchiamento demografico, diminuzione della forza lavoro e rallentamento della crescita sono tre fattori che si muovono insieme. Basti pensare che un calo dell’1% della popolazione in età lavorativa si traduce in una diminuzione di quasi un punto sulla crescita del Pil reale.
    Partendo da qui, è facile capire perché i paesi emergenti si trovano in una posizione di vantaggio: escluse alcune eccezioni, come la Cina, questi mercati godono di una popolazione giovane e in forza pronta a entrare nel mondo del lavoro. Non è però solo la giovane popolazione a fare da fondamenta per la crescita: in questi paesi l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e all’elettricità stanno trasformando i cittadini. La classe media è in espansione e, con lei, cambiano le necessità di spesa del paese. Non solo beni di prima necessità, ma anche servizi e beni secondari, oltre ad asset finanziari.

    5. Nuova era di competizione tra grandi potenze

    Per chi pensava di essersi lasciato alle spalle l’era delle competizioni tra grandi potenze con la fine della guerra fredda, gli ultimi due anni saranno sicuramente stati una sorpresa. La rinnovata competizione tra Stati Uniti e Cina ha dato il via ad un drastico riallineamento geopolitico, ma i paesi emergenti potrebbero trarre diversi vantaggi da questo nuova rottura. L’intensificarsi della competizione tra questi due paesi ha infatti un effetto diretto sul mercato e sulle catene di approvvigionamento globali. Sono sempre di più i paesi, soprattutto del Sud America, che stanno guadagnando quote di importazioni statunitensi. E man mano che i piani di nearshoring e friendshoring verranno messi in atto, aumenteranno le economie emergenti che ne trarranno beneficio. Questo però non significa che la Cina stia scomparendo dai radar, anzi, infatti continua a rappresentare circa un terzo della produzione manufatturiera globale.

 

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