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CATANZARO Sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa il 20 novembre 2023 al termine del maxiprocesso Rinascita Scott contro i clan del Vibonese. Tra le condanne anche quella a 11 anni nei confronti dell’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli. Sono «numerose le vicende – scrive il tribunale – che dimostrano la stabile ed effettiva messa a disposizione dell’imputato nei confronti dell’associazione. Il rapporto tra Pittelli e Luigi Mancuso non si riduce ad una confidenzialità inusuale tra avvocato e capo-mafia, superando i limiti della mera contiguità compiacente, per risolversi nella ripetuta e concreta attivazione dell’imputato a beneficio della consorteria alla quale fornisce uno specifico e consapevole contributo. Non sarà solo Pittelli a strumentalizzare la fama criminale di Luigi Mancuso per incrementare il suo prestigio professionale e per facilitare alcune speculazioni edilizie, quanto anche Luigi Mancuso soprattutto nella fase ascendente della sua parabola ad avvalersi della rete di relazioni messagli a disposizione di Pittelli – ora nelle vesti di legale, ora in quelle di politico, ora di vero e proprio faccendiere – per scalare le vette del potere economico-malavitoso, calabrese e non solo». «Sono numerose e tutte rilevanti – scrivono i giudici – le occasioni in cui il rapporto biunivoco tra Giancarlo Pittelli e Luigi Mancuso si è palesato all’esterno traducendosi ora in concreti contributi al boss e all’operatività della sua compagine, ora in obiettive agevolazioni di cui Pittelli ha goduto nel corso delle trattive relative ai suoi investimenti nel settore immobiliare». «I dialoghi intercettati non erano frutto di esagerazioni proferite da comprimari tanto adoranti, quanto male informati né di millanterie, bensì – sottolineano i giudici in sentenza – espressione di una reale collusione tra i due personaggi, ciascuno nel suo ambito, potente e influente».

La «messa a disposizione» di Pittelli nei confronti di Luigi Mancuso

Emblematica è una captazione intercorsa il 13 luglio 2017 tra Giovanni Giamborino e un soggetto chiamato “Mastro Rocco”, identificato dalla polizia giudiziaria in Fururi Rocco (nato a Laureana di Borrello il 24-02-65) nel corso della quale viene sintetizzato il concetto di «messa a disposizione» di Pittelli nei confronti di Luigi Mancuso. In quel caso, evidenzia il tribunale, Giamborino confidava all’interlocutore che molti dei contatti “rilevanti” che Luigi Mancuso aveva e sui quali poteva contare li aveva creati nel tempo grazie all’aiuto di Giancarlo Pittelli. Lo metteva quindi in guardia dal rischio di chiedere voti, in caso competizioni elettorali, alla mafia perché si rimane schiavi di certe dinamiche o, nella migliore delle ipotesi, vittime di maldicenze.
«Giovanni: quando ha iniziato a crescere Luigi… è fuori Luigi… cominciò a prendere qualche contatto diverso, ma non cose… tutti i contatti chi glieli ha portati a Luigi fu Giancarlo Pittelli… altri non ne aveva… non c’era nessuno… per il consiglio regionale il coso… che poi voti non ne portano che si sputtanano… quando aprono la bocca loro e dicono una parola che votano a mastro Rocco è rovinato… mio cugino Pietro ha fatto per due volte… per dieci anni ha fatto il consigliere regionale e per dieci anni io non sono andato una volta e non sono andato a portare nessuna carta lì sotto, nonostante l’amicizia e le cose… per non chiedere voti… né là… né a Vibo… in nessun ambito da nessuna parte, non abbiamo mai chiesto mai un voto che ha detto che preferiva meglio non ‘nchiana [trad. lett. salire; gerg. essere eletto] e non di essere sulla bocca di tutti… perché dice se dobbiamo favorire li favoriamo lo stesso però vanno dicendo che mi votano a me che io i voti li prendo lo stesso».

La considerazione dei sodali della cosca Mancuso per Pittelli

In una conversazione ambientale del 5 agosto del 2016 Giovanni Giamborino, dopo aver incontrato l’avvocato Pittelli nel suo studio di Catanzaro e avergli portato un messaggio proveniente da Luigi Mancuso relativo all’assunzione del mandato difensivo per l’imprenditore Annunziata, risalendo in auto raccontava al suo interlocutore Saverio Piperno, che Pittelli era uno degli avvocati migliori in assoluto, che per dieci anni aveva fatto l’onorevole e per cinque anni il senatore, vantandosi del fatto che si era guadagnato la riconoscenza di Pittelli perché aveva fatto sì che lui si riavvicinasse a Luigi Mancuso.
«Eh eh – afferma Giamborino – ha fatto dieci anni, ha fatto l’onorevole, e 5 anni il senatore, e in più è come avvocato è nominato, è uno dei migliori avvocati, poi ha puttaniato un pochettino con il fatto della politica, e adesso è tornato un’altra volta al coso, però con me è da 30 anni, è dall’80 che ci conosciamo, a me mi vuole un bene che… mi gli feci fare la pace con Luigi, Luigi non lo poteva vedere. Infatti apposta scappa gira (n.d.t sogghigna) mi ha dato pure una cassa di vino».
I giudici evidenziano che «la considerazione che anche i sodali della cosca Mancuso, in primo luogo Giovanni Giamborino, avevano di Pittelli si desume dalla conversazione intercorsa il 13 luglio 2017 tra lo stesso Giamborino e il cugino Salvatore Giuseppe Galati in cui i due stavano commentando i problemi con la giustizia che aveva avuto una terza persona non meglio identificata e Giamborino spiegava l’importanza di essere difesi da un avvocato quale Giancarlo Pittelli, che poteva contare sull’amicizia di tutta la magistratura catanzarese, perché ciò avrebbe garantito certamente una maggiore possibilità di esito positivo di un processo.
Giamborino: no, ci vuole un avvocato che conosce Catanzaro, che conosce i Magistrati.
Galati: eh, e che ti sto dicendo!? E che ti sto dicendo!?
Giamborino: Giancarlo conosce a tutti.
Galati: e che ti sto dicendo!?
Giamborino: perché Giancarlo è degno, quindi già deputato.
Galati: e che ti sto dice… !? Eeeh…
Giamborino: li ha cresciuti a tutti, tutti i Magistrati li ha avuti tutti nel suo studio, come… perché è un patrocinato di avvocati, capito?
Affermazioni queste che secondo il tribunale costituiscono un riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Mantella Andrea, Cosimo Di Virgilio, Oliverio Francesco, D’Urzo Gerardo, lannello Michele e Femia Nicola che «hanno riferivano delle entrature che l’avvocato Pittelli aveva con alcuni magistrati del distretto di Catanzaro, tale per cui nell’ambiente criminale era fatto notorio che Pittelli fosse in grado di “aggiustare i processi”, capacità che Giamborino rimarcava in più occasioni». (fra.vel.)

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