diAlessandro Fulloni, inviato a Genova
Trenta persone sotto inchiesta, dal governatore Giovanni Toti all’imprenditore Aldo Spinelli, poi manager pubblici e politici. Tra i reati ipotizzati si va dalla corruzione alla voto di scambio aggravato dall’avere agevolato la mafia
Prima la cifra più importante: sono trenta gli indagati nell’inchiesta sulla corruzione attorno alla logistica del porto di Genova. E poi, soprattutto: quali sono le accuse nei loro confronti? Ricapitoliamo per sommi capi. Partiamo con il primo e più noto tra i nomi finiti nell’indagine: ovvero il governatore della Liguria Giovanni Toti. Viareggino, 55 anni, giornalista e volto noto nell’area news Mediaset (ha diretto anche il Tg4), è entrato in politica con Forza Italia per poi confluire in «Noi moderati». Ex europarlamentare, è al secondo mandato come presidente della Regione (la prima volta fu nel 2015). È ai domiciliari per corruzione ambientale, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e voto di scambio.
Il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani deve rispondere di corruzione aggravata dall’aver favorito la mafia. Poi ai domiciliari c’è l’imprenditore della logistica Aldo Spinelli, celebre anche per essere stato presidente del Genoa e del Livorno. Possiede attività nel settore dei trasporti, della logistica, della dogana e dei terminal portuali, parliamo del Gruppo Spinelli: Sciu’ Aldo, così lo chiamano tutti a Genova, è indagato per corruzione e lo stesso capo pende su suo figlio, Roberto, anche lui con cariche importanti nel gruppo di famiglia.
Quanto all’ex presidente dell’autorità portuale di Genova e amministratore delegato (sospeso) di Iren (azienda di servici cittadina a capitale pubblico) Paolo Signorini, è l’unico tra gli indagati, a trovarsi in carcere. L’accusa per lui: corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Per il traffico di voti sono indagati i consiglieri regionali Stefano Anzalone e Domenico Cianci. Poi i gemelli Maurizio e Arturo Testa (rappresentanti politici della comunità di Riesi) e Venanzio Maurici. Su tutti è quattro pesa la stessa accusa: voto di scambio aggravato dall’avere agevolato la mafia). Poi Umberto Lo Grasso, consigliere comunale totiano: deve rispondere di favoreggiamento. E ancora Ivana Catarinolo, Giovanni Di Carlo, Francesco Cornicelli, Biagio Zambitto, Giuseppe Soldano, Alessandro Cartosio, Francesco Ania, Carmelo Griffo, Giovanni Ferroni, Elisabetta Pinna (voto di scambio).
Gli altri indagati, tra imprenditori e funzionari pubblici, sono: Luigi Amico, imprenditore portuale (corruzione) Francesco Moncada, manager Esselunga (corruzione) Mauro Vianello (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione), Paolo Piacenza, Commissario dell’Authority del porto di Genova (abuso d’ufficio), Maurizio Rossi, Ex Senatore ed editore di Primocanale (finanziamento illecito) Antonella Traverso, dirigente all’Autorià portuale (omessa denuncia).
Due gli «argomenti» dell’inchiesta genovese: da un lato i voti, cercati nella comunità riesina e tra gli ambienti legati a Cosa Nostra e alla `ndrangheta in cambio di posti di lavoro e favori per ottenere case popolari e dall’altro i finanziamenti illeciti ottenuti da imprenditori per ottenere lo snellimento o la risoluzione di pratiche: dalla trasformazione da libera a privata della spiaggia di Punta Dell’Olmo per agevolare l’iter di una pratica edilizia di interesse di Aldo Spinelli e Roberto Spinelli alla pratica di rinnovo per trent’anni della concessione del Terminal Rinfuse alla Terminal Rinfuse Genova controllata al 55% dalla Spinelli.), fino all’assegnazione a Spinelli degli spazi portuali ex Carbonile Itar e Carbonile Levante, o l’agevolazione nella pratica del «tombamento» di calata Concenter.
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