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Danno erariale da 1,5milioni di euro contestato a 2 dirigenti e 3 professionisti delle Asp calabresi per la realizzazione di impianti solari inutilizzati in vari ospedali; i dettagli dell’inchiesta


CATANZARO – Impianti solari mai entrati in funzione e da buttar via in diversi ospedali calabresi, con relativo spreco di denaro pubblico.
È quanto emerso dall’indagine condotta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinate dalla Procura regionale della Corte dei Conti, sul progetto denominato “Pentagon”. Progetto, elaborato e finanziato con il programma nazionale per la promozione dell’energia solare, che in Calabria avrebbe avuto lo scopo di realizzare in 24 ospedali – nelle province di Vibo Valentia, Crotone e Cosenza – impianti solari termici per la produzione di calore a bassa temperatura per l’acqua calda sanitaria.

Ma gli accertamenti portati avanti dagli inquirenti, hanno svelato numerose omissioni sulla effettiva regolarità dei lavori e il successivo collaudo, effettuato ad anni di distanza.
Tutto questo, ha portato ieri mattina i militari delle Fiamme Gialle alla notificare l’atto di citazione in giudizio per l’avvio del processo contabile nei confronti di due dirigenti pubblici e tre professionisti, ritenuti responsabili di un danno erariale stimato in circa 1,5 milioni di euro (LEGGI LA NOTIZIA) in quanto intervenuti a vario titolo (responsabile unico del procedimento, direttore dei lavori o con altre mansioni di gestione) nell’esecuzione dell’appalto per la realizzazione degli impianti solari termici.

I DIRIGENTI E I PROFESSIONISTI SOTTO LA LENTE DEGLI INQUIRENTI NELL’INCHIESTA SUGLI IMPIANTI SOLARI INUTILIZZATI

A finire sotto la lente degli inquirenti sono il Rup (Responsabile unico del procedimento) dell’epoca, l’ex dirigente della Regione Antonio Capristo (classe 1959), il manager dell’Asp di Cosenza Nicola Buoncristiano (classe 1950), e i direttori dei lavori Nicola Errante (classe 1964, ingegnere, come direttore lavori presidi ospedalieri di Cosenza e Vibo), Annibale Parise (classe 1978) come direttore lavori presidio ospedaliero Asp Crotone, e l’ingegnere Giovanni Giannini (classe 1948) come presidente del consiglio direttivo del consorzio Energas che si occupava all’epoca dei lavori.

LE PRIME ANOMALIE SUGLI IMPIANTI SOLARI INUTILIZZATI NEGLI OSPEDALI GIA’ SEGNALATE NEL 2022 E CHE HANNO PORTATO ALL’INCHIESTA

Già nell’informativa inviata dalla Finanza alla Corte dei Conti il 3 maggio del 2022, i finanzieri segnalavano una serie di problematiche proprio nei territori delle tre Aziende sanitarie provinciali. Per il programma di energia termica rinnovabile era previsto un finanziamento del 65% a carico del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (l’attuale ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica). Il restante 35%, era invece a carico della società promotrice del progetto, la Esco (Energy service company), che si è assunta i rischi tecnici e finanziari.
Continuando a leggere gli atti, dagli accordi previsti, “la società privata doveva impegnarsi a fornire i servizi energetici accettando un certo margine di rischio finanziario mentre il pagamento dei servizi forniti si sarebbe dovuto fondare, in modo totale o parziale, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli ulteriori obiettivi di rendimento stabiliti.
La Esco, individuata all’esito di apposita procedura concorsuale, è stata l’Ati cofer srl Costruzioni Solari con la formula del finanziamento tramite terzi, ovvero di un accordo contrattuale che comprende un terzo che fornisce i capitali e addebita al beneficiario un canone pari ad una parte del risparmio energetico conseguito”.

IL PROGETTO PARTITO NEL 2011 E GUIDATO DALL’ASP DI COSENZA

Il progetto, partito nel 2011 è stato guidato dall’Azienda sanitaria di Cosenza “quale azienda capofila e stazione appaltante anche nell’interesse delle altre aziende sanitarie coinvolte nella realizzazione degli impianti (Crotone e Vibo Valentia)”.
Inoltre, l’Asp di Cosenza aveva delegato al consorzio Energas la predisposizione di tutti gli atti amministrativi e tecnici, la redazione dei progetti preliminari ed esecutivi e aveva stabilito che il suddetto consorzio avrebbe curato la gestione tecnico amministrativa dell’intero iter relativo al bando e al successivo appalto vigilando sul corretto adempimento da parte della società aggiudicataria nell’interesse dell’Azienda sanitaria.
Ma gli impianti – da quanto appurato nel corso delle indagini effettuate dai militari delle Fiamme Gialle – non sono mai entrati in funzione tanto da essere dopo 13 anni di inutilizzo in totale stato di abbandono e incuria. Alcuni di questi impianti sono “visibilmente danneggiati e tutti comunque evidentemente dismessi e non funzionanti”, come si legge negli atti.

I DETTAGLI DELL’INCHIESTA SUGLI IMPIANTI SOLARI INUTILIZZATI NEGLI OSPEDALI

Molte le anomalie e le omissioni rilevate dalle Fiamme Gialle, come quelle individuate nei vari ospedali calabresi.

Asp di Vibo Valentia

I lavori di realizzazione degli impianti solari (installati nei presidi ospedalieri di Mileto, Nicotera, Pizzo Calabro, Serra San Bruno, Soriano Calabro, Vibo Valentia e Tropea), eseguiti nel 2012, sono state riscontrate avarie e disfunzioni che ne hanno impedito l’effettivo funzionamento.
E nelle carte della Corte dei Conti, viene difatti evidenziata l’attestazione non veritiera data dai tecnici incaricati per, “la conformità del progetto definitivo alla normativa edilizia e urbanistica vigente dal momento che per le opere realizzate non è stato possibile accertare il rilascio preventivo di autorizzazioni e/o concessioni da parte dei competenti uffici comunali come anche, ove necessario, il rilascio delle previste autorizzazioni in presenza di vincoli di tutela paesaggistico-ambientali così che i comuni presso i quali sono stati realizzati gli impianti hanno accertato la mancanza di titoli autorizzatori per la realizzazione delle opere in conseguenza della quale sono state comminate specifiche sanzioni e, in alcuni casi, è stata anche ingiunta l’ordinanza di demolizione”.

Inoltre è stato accertato – non solo a Vibo Valentia ma anche alle Asp di Cosenza e Crotone – che gli impianti realizzati “non sono stati acquisiti al patrimonio dell’azienda sanitaria, come previsto nel contratto sottoscritto, e che non sono stati corrisposti i canoni all’appaltatore dal momento che non è stata prodotta acqua calda sanitaria e che le quote erano vincolate alla verifica della resa termica e al corretto funzionamento degli impianti”.
Anche per questi impianti, si è accertato il totale abbandono e la mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria da diversi anni oltre a non risultare possibile verificare alcun dato sul loro effettivo funzionamento.

Asp di Cosenza

Stesso discorso per la provincia di Cosenza, dove gli impianti sono stati installati nei presidi ospedalieri di San Marco Argentano, Acri, San Giovanni in Fiore, Praia a Mare, Scalea, Cetraro, Paola, Mormanno, Castrovillari, Cariati, Corigliano Calabro e Trebisacce, e abbandonati a loro stessi, comportando per l’erario pubblico “un inutile spreco di risorse e per l’azienda sanitaria, quale parte committente, l’impossibilità di potere fruire dei benefici e dei connessi vantaggi correlati all’approvvigionamento energetico tramite lo sfruttamento dell’energia solare piuttosto che con l’impiego dei combustibili tradizionali”.

Asp di Crotone

Anche per l’Asp di Crotone, omissioni e spreco di denaro pubblico, da quanto accertato dalla Guardia di finanza. L’impianto che sarebbe stato installato nel capoluogo di provincia, sarebbe risultato sottodimensionato e la perizia avrebbe accertato la “criticità connessa alla scelta sull’ubicazione dell’impianto in un sito con ridotta irradiazione solare e la mancanza di controllo sulla temperatura dell’acqua calda sanitaria dei bollitori che non ha consentito di quantificare il contributo energetico dell’impianto”.
Mentre a Cirò Marina e Mesoraca l’impianto installato sarebbe risultato, invece, sovradimensionato per i presidi ospedalieri, “che gli impianti erano da considerare antieconomici e con costi di gestione impropri ed eccessivi” e “il progetto definitivo – come riportato negli atti della Corte dei Conti – non risultava conforme al progetto preliminare”.

 

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