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Affermare che le mucche con le loro eruttazioni e le loro flatulenze contribuiscano ad aggravare il riscaldamento globale sarebbe troppo semplicistico. In realtà, la questione è ben più complessa. È comunque un dato di fatto che gli allevamenti – in particolare di bovini, ma non solo – sono una rilevante fonte di emissioni di metano. Per ovviare al problema sono state proposte diverse soluzioni. In Svezia, per esempio, si valuta di cambiare la dieta delle mucche, aggiungendo ai tradizionali mangimi le alghe rosse. O ancora, c’è chi sta studiando come selezionare geneticamente le varietà di bovini in grado di emettere meno metano (in questo campo è il Canada a fare da apripista). Una startup di Boston, ArkeaBio, ha deciso di seguire un’altra strada per cercare di ridurre le emissioni legate agli allevamenti: somministrare un particolare farmaco che agisce sui microrganismi responsabili del rilascio di metano presenti nell’apparato digerente degli animali. Insomma, un vaccino anti-metano.

Metano, il gas naturale che scalda l’atmosfera





Il suo sviluppo è ancora in una fase iniziale e ci potrebbero volere almeno 2-3 anni prima che venga messo in commercio. Ma qualora la sperimentazione dovesse avere successo, il vaccino messo a punto dalla startup americana potrebbe dare un importante contributo per frenare il riscaldamento globale. Il metano è infatti un potente gas serra. Se da una parte ha un tempo di permanenza nell’atmosfera di gran lunga inferiore a quello della CO2 (circa 10-15 anni contro le centinaia di anni della CO2), dall’altra il suo potenziale climalterante globale (GWP) è 84 volte superiore su un periodo di 20 anni e 28 volte superiore su un periodo di 100 anni rispetto a quello dell’anidride carbonica.
 

Quanto inquinano davvero gli allevamenti

Diamo uno sguardo più nel dettaglio ai numeri. Secondo l’International Energy Agency, le emissioni globali di metano in un anno si aggirano intorno ai 580 Mt. Di questi il 40% proviene da fonti naturali, mentre il 60% è legato ad attività umane. All’interno di quest’ultimo insieme è possibile individuare i tre principali settori che emettono metano: agricoltura e zootecnia (142 Mt, circa il 40%), energia/combustibili fossili (118 Mt, circa il 35%) e rifiuti (71 Mt circa il 20%).

Addestrare le mucche al vasino per ridurre l’inquinamento atmosferico





Nel primo settore, in particolare, sono gli allevamenti ad avere l’impatto più significativo sull’ambiente. La principale fonte di emissioni di metano è rappresentata dalla fermentazione enterica, ovvero dai processi digestivi del bestiame. Il gas metano viene espulso dagli animali prevalentemente attraverso la bocca con l’eruttazione, e solo in piccola parte con le flatulenze. Questa tipologia di emissioni è generata soprattutto dalle vacche da latte e da altri bovini. In Italia, rileva l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), la fermentazione enterica è responsabile di circa il 45% delle emissioni totali di metano del settore agricolo, mentre il 20% è attribuibile alla gestione delle deiezioni degli animali e dei reflui zootecnici, ovvero degli escrementi e delle urine degli animali.

Anche Bill Gates scommette sul vaccino anti-metano

Il motivo per cui l’industria agroalimentare è alla costante ricerca di un rimedio alle emissioni di metano degli allevamenti è presto spiegato. Di conseguenza, il farmaco che intende sviluppare ArkeaBio ha richiamato l’attenzione di numerosi investitori. All’inizio del mese la startup ha annunciato di aver chiuso un round di finanziamento di serie A da 26,5 milioni di dollari. Il primo investitore è Breakthrough Energy Ventures, ovvero il fondo di venture capital istituito da Bill Gates per sostenere soluzioni innovative contro il cambiamento climatico. A seguire tutti gli altri: The Grantham Foundation for the Protection of the Environment, AgriZeroNZ, Rabo Ventures, Overview Capital e The51 Food & AgTech Fund.
 

Intervistato dalla testata americana Bloomberg, Colin South, ceo di ArkeaBio, ha ribadito l’intenzione di creare qualcosa che possa adattarsi alle normali pratiche agricole e sfruttare i canali di approvvigionamento già esistenti per i farmaci da somministrare agli animali. Ovviamente senza avere alcun impatto sulla qualità del latte e della carne. Gli ambientalisti però storcono il naso: il dubbio è che un possibile vaccino contro le emissioni di metano diventi l’ennesimo pretesto delle grandi aziende dell’agrifood per preservare il “business as usual” più che il pianeta.

 

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