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Liguria. La premier Giorgia Meloni, ospite della trasmissione In mezz’ora su Rai 3, è tornata a esprimersi sull’ipotesi di dimissioni del governatore ancora agli arresti domiciliari nell’ambito della maxi inchiesta per corruzione, voto di scambio, falso e finanziamento illecito aperta dalla Procura di Genova: “Solo Toti è nelle condizioni di dare una risposta compiuta perché solo lui conosce la verità ed è una persona che ha a cuore i suoi cittadini, lui è nella posizione di valutare cosa sia meglio per loro. Io finché non ho tutti gli elementi non posso dare una risposta seria a questa domanda”, ha detto.

È la seconda volta che la presidente del Consiglio parla del caso che ha travolto la Liguria. Più di 10 giorni fa, a un evento de La Verità, Meloni aveva invitato ad aspettare le “risposte” che Toti avrebbe dato dopo aver letto le carte: “Penso sia il minimo indispensabile per un uomo che sta governando molto bene la Regione“.

Ora il presidente sospeso dall’incarico le risposte le ha date, ben 167 per la precisione, nell’interrogatorio fiume di giovedì di fronte ai pubblici ministeri. E ha pure depositato una lunga memoria difensiva in cui nega tutti gli addebiti e nega soprattutto l’esistenza di un rapporto corruttivo tra i finanziamenti elettorali e le agevolazioni promesse a imprenditori e manager. Stesse teorie sostenute durante il colloquio coi magistrati Luca Monteverde, Federico Manotti e Vittorio Ranieri Miniati.

Giorgia Meloni si conforma così alla linea seguita finora da tutti gli alleati (o forse viceversa): deciderà lui se dimettersi oppure no. L’avvocato Stefano Savi, invece, insiste con un concetto diverso: non può fare il passo in autonomia, ma deve confrontarsi prima con la maggioranza che lo sostiene. Un cortocircuito logico che potrebbe interrompersi in caso di revoca degli arresti domiciliari, a seguito dell’istanza che il legale presenterà nei prossimi giorni, anche se la decisione della gip Paola Faggioni è tutt’altro che scontata. Così come non appare scontato, nonostante le voci insistenti a proposito di pressioni interne al centrodestra, che Toti accetti di dimettersi quando riacquisterà la libertà.

“La presidente Meloni dimentica di aver giurato sulla Costituzione italiana – commenta in una nota Debora Serracchiani, responsabile Giustizia della segreteria nazionale del Pd -. Dice di non saper valutare il caso Toti ma si lascia andare a subdole insinuazioni sulla vicenda.. Un attimo passare dal sistema del fare a quello del prendere. Un attimo passare dal giustizialismo al garantismo double face“.

Domani intanto si terrà un passaggio chiave con l’interrogatorio di Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale, unico destinatario di custodia cautelare in carcere a Marassi. Anche lui, come Toti, non aveva risposto all’interrogatorio di garanzia e anche il suo legale, Enrico Scopesi, ha chiesto la possibilità di sostenere il colloquio coi pm. Signorini è accusato di diversi episodi di corruzione nell’esercizio della funzione, in particolare da parte dell’imprenditore Aldo Spinelli dal quale avrebbe ricevuto denaro e favori in cambio delle agevolazioni sulle pratiche del porto. Si attende di capire se la sua versione combacerà con quella fornita da Toti.

Martedì 28 maggio intanto il procuratore Nicola Piacente e i pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti saranno a Roma per essere sentiti davanti alla Commissione d’inchiesta parlamentare antimafia, convocati dalla presidente Chiara Colosimo che aveva già chiesto e ricevuto dalla Procura di Genova tutte le carte dell’inchiesta sulla corruzione.



 

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