diSilvia Ognibene
La rete di Museimpresa conta già 147 aziende associate e racconta una regione diversa da quella del turismo di massa
C’è un pezzo della storia d’Italia custodito tra le mura delle aziende, un filo rosso che racconta il Paese attraverso i macchinari, i prodotti, i lavoratori, i vecchi documenti contabili: il filo corre tra gli archivi delle grandi imprese e i musei che alcune di esse hanno voluto realizzare per non perdere la memoria del lavoro e del rapporto con il territorio offrendo uno sguardo inedito, di certo non banale, lontano dalle cartoline con i cipressi, a chi voglia scoprire una Toscana diversa.
È la Toscana della manifattura, dell’industria anche pesante, insieme a quella più creativa della moda, della ricerca scientifica, della tecnologia che anche in passato è stata d’avanguardia: riunita in una rete, quella di Museimpresa, che conta già 147 aziende associate a livello nazionale (14 sul territorio regionale), nata per volontà di Confindustria e presieduta da Antonio Calabrò, senior vice president di Pirelli per la Cultura e direttore della Fondazione Pirelli, che ieri ha tenuto a Firenze la sua assemblea annuale.
I musei della Toscana
La Toscana offre un contributo generoso al panorama nazionale, a dimostrazione del fatto che questa regione non ha mai vissuto solo di affittacamere e panini.
C’è l’archivio storico Orlando Smi (oggi Kme, leader del rame) fondata nel 1886 a Livorno, cui si aggiunsero poi le fabbriche della Montagna Pistoiese e, nel 1915, lo stabilimento di Fornaci di Barga, dove è la sede dell’archivio: visitandolo si ripercorrono le tappe della produzione, dei brevetti industriali, dell’amministrazione e si apprende che la Smi costruì alloggi e villaggi operai, mense, scuole, asili, ambulatori medici, gruppi sportivi per i suoi dipendenti e i loro figli.
C’è il Museo di Aboca che tramanda il millenario rapporto tra l’uomo e le piante medicinali, attraverso l’esposizione di preziosi erbari e la ricostruzione di antichi ambienti di lavorazione e nella Bibliotheca Antiqua riunisce una delle più importanti collezioni al mondo di libri che raccontano quattro secoli di storia botanica.
Ci sono ovviamente il Museo Piaggio e il Museo Ferragamo, custodi di icone che hanno fatto grande l’Italia nel mondo, c’è l’archivio del Pignone che può raccontare la geopolitica da una prospettiva irripetibile. Ma anche il Museo della Carta di Pescia e archivio storico Magnani che conserva i documenti storici della cartiera e ricostruisce i legami con l’industria italiana ed estera fin dal Settecento.
Sono solo alcuni esempi, la lista completa è molto più lunga.
Secondo i dati diffusi ieri da Nomisma, nel 2023 la rete dei musei e degli archivi di impresa italiani ha accolto per lo più visitatori italiani, il 67% del totale, ma in Toscana le percentuali sono rovesciate: qui gli stranieri sono stati il 57% del totale contro una media nazionale del 33%.
Le aziende che aderiscono alla rete, secondo lo studio sono «realtà fortemente radicate sul territorio». Una chiave di lettura unica per raccontare l’evoluzione economica, sociale e politica della Toscana oltre che per promuovere un turismo alternativo e di prossimità.
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