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Panetta: “Non siamo condannati alla stagnazione”: dal debito ai tassi, cosa ha detto il Governatore


L’Italia ha dimostrato negli ultimi quattro anni di non essere «condannata alla stagnazione»: questo il messaggio della sezione incentrata sull’Italia delle prime considerazioni della Banca d’Italia con Fabio Panetta come governatore.

Dopo un quarto di secolo di crescita bassa del pil, la ripresa registrata dopo la crisi pandemica in Italia è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area euro, anche perché è stata intensa anche nelle regioni del Mezzogiorno. Il pil italiano ha segnato tra il 2019 e il 2023, un periodo di forti turbolenze, un +3,5% più che doppiando il +1,5% della Francia e quintuplicando il +0,7% della Germania. 

Anche in prospettiva «il ritorno all’accumulazione di capitale e la capacità di affermarsi sui mercati internazionali sono incoraggianti segnali di forza, che vanno consolidati» per riuscire a vincere le sfide del presente e del prossimo futuro, spiega Panetta.  Il governatore ha deciso di ampliare il periodo di osservazione a più anni (partendo dal 2019) data l’instabilità degli eventi degli ultimi anni nonché di inserire nel testo grafici e note a piè di pagina per maggior chiarezza.

I problemi irrisolti del Paese: mezzogiorno, debito pubblico, vincoli alla concorrenza

«Non dobbiamo però farci illusioni: la nostra economia soffre ancora di problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione». Si tratta del ritardo economico del Mezzogiorno e dell’elevato debito pubblico che «sono questioni ineludibili per la politica economica». Così come «i vincoli alla concorrenza che in molti settori creano rendite di posizione e limitano l’accesso di nuovi operatori, comprimendo l’innovazione, la produttività e l’occupazione» aggiunge Panetta. 

Un’economia affollata di robot

È vero che la manifattura italiana, escludendo il comparto dei mezzi di trasporto, è la più automatizzata tra le principali economie dell’area dell’euro: nel 2021 in Italia vi erano 13,4 robot ogni 1.000 addetti, contro 12,6 in Germania e 9,2 in Francia. Da notare in oltre che dl 2019 le imprese industriali hanno raddoppiato, al 17 per cento, la quota degli investimenti in tecnologie digitali.

Serve più venture capital in Italia

Però servono «politiche che garantiscano un adeguato contesto regolamentare e concorrenziale e un ambiente macroeconomico stabile» e nondimeno incentivi per start up e venture capital «che sono realtà fondamentali per supportare iniziative innovative nazionali». Ancora in Italia l’attività di venture capital è sottodimensionata, con un flusso di investimenti annuo tra 0,5 e 1,5 miliardi nel triennio 2021-23, un valore cinque volte inferiore rispetto a Germania e Francia. E gli operatori nazionali del comparto «sono anch’essi pochi e di piccola dimensione».

La zavorra del debito pubblico

Tutti interventi non certo «a costo nullo e l’Italia ha un debito pubblico elevato, frutto di squilibri accumulati in passato», che rappresenta una vera e propria «zavorra che ci costringe ogni anno a impegnare considerevoli risorse pubbliche per pagare interessi, sottraendole all’innovazione e allo sviluppo», evidenza Panetta.

Alla fine del 2023 il debito pubblico tricolore ammontava al 137% del pil, un valore non lontano da quello pre-pandemico ma superiore al resto dell’eurozona. Anche se c’è da sottolineare che nel corso degli ultimi dieci anni «la nostra posizione debitoria estera netta è scesa dal 23% del pil al 7,4%», pur restando un elemento di vulnerabilità.

Affrontare metodicamente il problema del debito «richiede un piano credibile volto a stimolare la crescita e la produttività, e nel contempo a realizzare un graduale e costante miglioramento dei conti pubblici», spiega il governatore di Bankitalia. Un piano che «dovrà collocare il debito in rapporto al prodotto su una traiettoria stabilmente discendente. Quanto più la prospettiva di riduzione del debito sarà credibile, tanto minori saranno i rendimenti che gli investitori chiederanno per detenerlo. Ciò renderà a sua volta meno arduo l’aggiustamento». Scelte particolarmente attente si rendono necessarie soprattutto dal lato della spesa, «al fine di riorientarne la composizione in favore dello sviluppo e di eliminare le inefficienze. Un contributo dovrà derivare dal contrasto all’evasione fiscale, sulla scia dei risultati positivi registrati in questo campo nell’ultimo decennio».

Insomma il messaggio di Panetta è: «Potremo liberarci del fardello del debito soltanto coniugando prudenza fiscale e crescita».

Un buon anno per le banche italiane: non si abbassi la guardia

Guardando poi al mondo bancario italiano, il 2023 è stato senza dubbio un anno «molto favorevole», dice Panetta. Il rendimento del capitale ha superato il 12%, «la redditività ha beneficiato di un’eccezionale congiuntura di mercato, in cui l’abbondante liquidità in circolazione ha frenato l’aumento del costo della raccolta, mentre il rialzo dei tassi ufficiali si è rapidamente trasmesso a quelli sui prestiti, alimentando il margine di interesse. Il capitale è salito al 15,6% delle attività a rischio». Una fase favorevole che, guardando agli ultimi dati, è destinata a confermarsi anche per il 2024, anticipa Panetta, e che «rappresenta un punto di forza per l’intera economia italiana».

Eppure gli intermediari non «devono abbassare la guardia, non possiamo – ribadisce il governatore – farci cogliere impreparati da tensioni che potrebbero emergere in futuro». In questa direzione ad aprile è stato chiesto alle banche di costituire entro la metà del 2025 una riserva di capitale macroprudenziale pari all’1% delle esposizioni domestiche.

I rischi macroeconomici per le banche

Pesano in particolare i rischi connessi con il quadro macroeconomico. Da un lato, c’è la qualità del credito: si stima che per le imprese il flusso annuo dei prestiti deteriorati in rapporto ai finanziamenti complessivi possa salire nel prossimo biennio di un punto percentuale, dall’attuale 1,7%, rettifiche sui crediti che «rimarrebbero contenute in rapporto ai ricavi». Ma «resta fondamentale per le banche riconoscere prontamente le perdite attese, applicando scrupolosamente i principi contabili».

Dall’altro lato, c’è l’aspetto della liquidità. Se il rimborso delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine «sta avvenendo in maniera ordinata» rimane comunque «prioritaria un’attenta gestione del passivo, nella consapevolezza che la liquidità aggregata continuerà a ridursi, spingendo al rialzo il costo della raccolta».

Il ruolo della tecnologia in banca

Centrale inoltre il tema dell’utilizzo della tecnologia da parte delle banche, che sta portando benefici in termini di efficienza sia agli istituti che alla clientela. Le banche con maggiore capacità di operare online mostrano in media una maggiore redditività, una migliore diversificazione dei ricavi e un aumento delle quote di mercato sui prestiti, riporta Panetta. I clienti invece «beneficiano di un calo del costo dei servizi, del 60% per le spese sui conti online rispetto a quelli tradizionali, oltre che di un più agevole accesso ai servizi bancari».

Eppure gli investimenti in tecnologie innovative realizzati dagli intermediari italiani sono ancora inferiori a quelli delle concorrenti europee, pur essendo «quadruplicati dal 2017» ad oggi. 

Una delle conseguenze del crescente ricorso alla tecnologia è la riduzione del numero di sportelli bancari che può comportare disagi per alcune fasce di cittadini. Vero è che solamente lo 0,2% della popolazione italiana risiede in Comune senza sportelli né bancari né postali ma comunque Bankitalia, per prevenire potenziali disagi, «ha avviato un tavolo di confronto con i ministeri competenti (Mef e mimit) e i principali operatori; abbiamo inoltre rafforzato il nostro impegno nell’ambito della Cash Strategy 2030 varata dall’Eurosistema e collaborato alla definizione di misure legislative volte a consentire il prelievo di contante presso gli esercizi commerciali».

I rischi cyber in aumento per le banche

Attenzione infine si deve dedicare alla rilevanza crescente dei rischi cibernetici ai danni delle banche, che, grazie alla tecnologia, tendono sempre di più ad esternalizzare alcuni servizi. Ma Panetta avverte gli istituti che la ricerca dell’efficienza attraverso l’esternalizzazione «non deve mettere a rischio la sana e prudente gestione degli intermediari, che rimangono i responsabili ultimi delle attività svolte da terzi». 

Il fronte comune europeo 

L’agenda dunque è complessa ma chiara e va realizzata affinché «l’Italia torni a crescere e a contare in Europa, e con l’Europa contare nel mondo». In un mondo in cui «i segnali di frammentazione degli scambi commerciali e finanziari si stanno intensificando» in primis con l’inasprimento della contrapposizione politica e commerciale tra Stati Uniti e Cina, l’Unione europea deve agire unita anzi risolvere la frammentazione che ancora esiste al suo interno per «migliorare la competitività e rafforzare l’autonomia strategica per salvaguardare il futuro dei cittadini europei, accrescere la propria autorevolezza a livello globale e preservare i progressi sinora realizzati nel cammino di integrazione internazionale».

Che cosa deve fare l’Unione Europea

Come agire? «Occorre innanzitutto riequilibrare il modello di crescita seguito nei due decenni passati – che ha causato la caduta del peso dell’Ue sul pil globale dal 26 al 18% – riducendo l’eccessiva dipendenza dalla domanda estera», rafforzando l’integrazione in settori strategici quali le telecomunicazioni, l’energia e la finanza.

Similmente l’Unione europea deve ridurre la propria dipendenza energetica «incrementando la generazione di energie rinnovabili grazie alle risorse naturali di cui dispone in abbondanza». Ovviamente ciò «non ci affrancherà dalla dipendenza dai fornitori esteri di metalli e minerali indispensabili per la transizione energetica, per cui dobbiamo stabilire legami economici e diplomatici solidi e reciprocamente vantaggiosi con le nazioni ricche di risorse critiche, facendo leva sulla possibilità di fornire loro le tecnologie necessarie a integrarsi nelle filiere produttive globali».

Un terzo tipo di interventi riguarda le tecnologie avanzate, «nella cui produzione l’Europa sconta una limitata specializzazione». In una fase «in cui la tecnologia è soggetta a misure protezionistiche, è essenziale che gli investimenti in questo campo tengano il passo con quelli di altri grandi paesi», spiega Panetta, «privilegiando settori all’avanguardia quali la robotica, le infrastrutture digitali di comunicazione, l’esplorazione spaziale, le biotecnologie e l’intelligenza artificiale».

Servono 800 miliardi di investimenti ogni anno fino al 2030

Per mettere a terra tali politiche comuni necessarie l’impegno finanziario sarà ingente: «Per le sole transizioni climatica e digitale e per aumentare la spesa militare al 2% del pil, la Commissione europea stima un fabbisogno di investimenti pubblici e privati di oltre 800 miliardi ogni anno fino al 2030». 

Bilancio comune e mercato unico dei capitali

All’architettura economica europea mancano però due elementi essenziali evidenzia Panetta: «Una politica di bilancio comune e un mercato dei capitali integrato». 

La recente riforma dei meccanismi di governo economico europeo non ha segnato particolari progressi in queste direzioni, così come non ha introdotto la necessaria semplificazione delle regole. Eppure le nuove norme «contengono aspetti innovativi coerenti con la crescita, che si concentrano sulla sostenibilità di medio termine del debito pubblico, anziché sulla calibrazione precisa e continua della politica di bilancio; ciò dovrebbe consentire una programmazione di più lungo periodo e percorsi di consolidamento fiscale realistici». 

Un mercato dei capitali ancora troppo frammentato

Allo stesso tempo, i mercati dei capitali europei rimangono però «poco sviluppati e frammentati, nonostante gli sforzi di integrazione compiuti con la legislazione dell’Unione» riporta il governatore. Basti pensare che in Europa vi sono 59 mercati azionari regolamentati, riconducibili a oltre 30 gruppi proprietari, tra le infrastrutture borsistiche si contano 27 depositari centrali e 10 controparti centrali. Mentre negli Stati Uniti operano 24 mercati azionari, in gran parte facenti capo a 4 gruppi, un depositario centrale e una controparte centrale.

Per progredire verso un unico mercato dei capitali europeo vanno risolti due problemi fondamentali. Si parla della mancanza di un titolo pubblico europeo privo di rischio (safe asset) e dell’incompletezza dall’Unione bancaria

Evitare che la politica monetaria Ue risulti troppo restrittiva

Sempre in tema bancario, negli ultimi quattro anni la politica monetaria europea ha operato in un difficile contesto. Prima «la crisi pandemica ha richiesto misure fortemente espansive, alcune senza precedenti, e poi si è dovuto passare a una rapida normalizzazione e ancora una restrizione monetaria a seguito della fiammata inflazionistica» ricostruisce Panetta.

Ora però, ribadisce il governatore, «dobbiamo evitare che la politica monetaria diventi eccessivamente restrittiva, spingendo l’inflazione al di sotto dell’obiettivo simmetrico della Bce». Nei prossimi mesi, se i dati risulteranno coerenti con le attuali previsioni, si profila un allentamento delle condizioni monetarie. Ciò «non andrà però a interrompere l’azione volta a ripristinare la stabilità dei prezzi, ossia l’orientamento monetario rimarrebbe restrittivo anche con più tagli dei tassi ufficiali: il livello atteso dei rendimenti reali desumibile dai mercati finanziari, che pure incorpora una riduzione dei tassi di riferimento di 60 punti base nel corso del 2024, rimane per molti mesi superiore a qualsiasi stima plausibile del tasso naturale».

Da precisare inoltre che «nel prossimo futuro la discesa dei tassi si accompagnerà, diversamente dal passato, a una riduzione dei portafogli di titoli di politica monetaria che determinerà un deciso calo della liquidità in circolazione e un conseguente impulso restrittivo nel mercato creditizio». D’altronde «una graduale normalizzazione del bilancio dell’Eurosistema dopo l’espansione degli ultimi anni è certamente appropriata». Ma è fondamentale, aggiunge Panetta, «che essa non interferisca con l’orientamento della politica monetaria e che l’aggiustamento sia realizzato evitando carenze di liquidità nel sistema o episodi di frammentazione nella trasmissione degli impulsi monetari». (riproduzione riservata)

 

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