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Il Made in Italy batte il Made in Germany, almeno sui robot industriali. Sì, perchè negli ultimi cinque anni le imprese italiane hanno raddoppiato la quota di investimenti in tecnologie digitali. Una crescita di gran lunga superiore alla media degli altri paesi europei, che ha permesso al comparto manifatturiero nostrano – all’avanguardia grazie alla transizione digitale 4.0 – di battere uno dei leader mondiali della robotica industriale. Il sorpasso è attestato da Banca d’Italia nella sua relazione annuale per il 2023 presentata oggi a Palazzo Koch, in cui si legge nero su bianco quanto l’industria italiana, al netto dell’auto, sia diventata la più automatizzata tra le principali economie dell’area dell’euro. “Nel 2021 in Italia vi erano 13,4 robot ogni 1.000 addetti, contro 12,6 in Germania e 9,2 in Francia”. Un risultato, così come evidenziato anche dal governatore, Fabio Panetta, nelle considerazioni finali, frutto della spinta che le imprese hanno riservato all’automazione dal 2019, “portando al 17% la quota degli investimenti in ambito tecnologico”.

Ma esattamente in che cosa stanno spendendo risorse le imprese industriali italiane? Si tratta di macchine controllate automaticamente, riprogrammabili e multifunzionali in grado di svolgere una gamma di operazioni sempre più ampia con limitato intervento umano. Tecnologie particolarmente diffuse nella produzione di veicoli a motore – dove in media i robot ogni 1.000 addetti sono 133 – ma anche nel comparto della gomma e della plastica, nell’industria farmaceutica e in quella dei computer e dei prodotti di elettronica.

La relazione di Via Nazionale aggiunge altri elementi. L’aumento dell’impiego di questi macchinari negli ultimi tre decenni ha interessato le quattro principali economie dell’area dell’euro – Francia, Germania, Italia e Spagna – con differente intensità.


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Come è facile osservare, escludendo il settore automobilistico, l’industria manifatturiera italiana è diventata così negli ultimi anni la più automatizzata e la sua evoluzione nel tempo risulta simile a quella tedesca. In particolare, le produzioni di apparecchi elettrici, di macchinari e di prodotti in metallo sono in Italia tradizionalmente più intensive nell’utilizzo di robot. A questi settori si sono aggiunti quelli metallurgico, alimentare e farmaceutico, nei quali il numero di robot installati, inizialmente contenuto, è cresciuto nell’ultimo decennio a un ritmo più sostenuto rispetto agli altri paesi.

Ma se l’adozione di robot ha avuto effetti negativi nulli sia in Italia che in Germania, come si è arrivati al superamento dell’economia più forte della zona euro? Grazie a una forte espansione degli investimenti, sostenuta anche da incentivi fiscali. Dal 2019 a 2023 a crescere più che nelle media non sono stati solo gli investimenti nel settore dell’edilizia, favoriti da bonus come il 110%, ma anche quelli in macchinari e beni intangibili.

Scelte che riflettono l’avanzamento tecnologico e le attese sull’’evoluzione futura della domanda, ma che per alcuni potrebbero avere effetti anche sulla sostituzione della forza lavoro. Lo scenario, secondo i dati di Bankitalia, è però ancora lontano. “Le analisi disponibili mostrano che finora l’adozione di robot ha avuto sull’occupazione effetti negativi negli Stati Uniti, positivi in Francia e nulli in Germania e in Italia. Al contrario, analizzando i settori che tra il 1996 e il 2021 hanno incrementato di più l’automazione, si osserva una crescita del numero di occupati e della produttività in linea con quella degli altri comparti. Tanto che in Italia non emerge alcuna correlazione con l’occupazione, mentre si riscontra una relazione positiva con la produttività”, si legge nel report. Non solo. Per Palazzo Koch l’ampliamento dell’automazione, anche con l’intelligenza artificiale, “potrebbe in parte compensare la prevista riduzione della quota di popolazione attiva”.

Se dunque i robot nel processo produttivo possono accrescere la produttività e rafforzare la competitività, sostenendo livelli di occupazione nel lungo periodo, il sorpasso dell’Italia sulla Germania è un grande segnali di forza. Una via, che grazie al rtorno dell’accumulazione di capitale e alla capacità di affermarsi sui mercati internazionali, per Bankitalia deve essere consolidata.

 

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