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Ma il biodigestore il Partito Democratico lo vuole oppure no? La risposta non è arrivata dal Consiglio comunale di Cuneo, dove i dem hanno “preso tempo” senza spiegare se la posizione della deputata borgarina Chiara Gribaudo, contraria alla realizzazione dell’impianto nella sua città, sia anche quella del partito cuneese.

 

La domanda l’aveva posta Ugo Sturlese di Cuneo per i Beni Comuni con un ordine del giorno, ritirato dopo la presentazione di un emendamento della maggioranza. Il decano della sinistra civica lo ha giudicato “un escamotage che non impegna in nessuna misura il comune di Cuneo rispetto alle valutazioni da fare”. “Non è un escamotage, – ribatte la capogruppo del Pd Claudia Carlima un attenersi a quello che è successo in questi giorni”. Ovvero? “In sede di approvazione del bilancio del CEC sono stati richiesti dai comuni di Borgo San Dalmazzo e Roccavione ulteriori approfondimenti al progetto. Un dato di fatto di cui non possiamo non tenere conto. Acsr ha fissato un’assemblea informale per il 3 giugno: il 5 giugno è prevista la conferenza di servizi nella quale potrebbero esserci ulteriori richieste”.

 

In sostanza, prima si mettono le carte sul tavolo e dopo si valuta cosa fare. Anche se il progetto di per sé ha già avuto il via libera dei sindaci – compresa Patrizia Manassero, il cui parere si è rivelato decisivo nella conta – e quello della Regione, ed è ora in fase di autorizzazione da parte della Provincia. Tutte cose che il sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro ha fatto presente a Gribaudo in parlamento, come ricorda la deputata di FdI Monica Ciaburro, favorevole all’opera insieme a tutto il centrodestra e a Centro per Cuneo.

 

 

Perché no al biodigestore: “Il biometano vive di agevolazioni fiscali”

 

Chi invece ribadisce il proprio no è un settore “trasversale” dell’opposizione cuneese, che va da Lauria di Indipendenza! agli Indipendenti di Boselli fino alla sinistra civica. “È un progetto di forte impatto ambientale, con una quantità di rifiuti sovradimensionata rispetto ai bisogni del territorio” spiega Paolo Armellini (Indipendenti): “Non c’è solo una criticità del conferimento, ma una criticità nella tecnologia. La produzione di biometano non è finalizzata a una vera economia circolare di rifiuti, ma è un sistema che consuma energia, richiede una grande spesa per impianti e trasporti e non è pulito, perché inquina”. Al nuovo impianto, fa presente il consigliere, serviranno per funzionare in modo economicamente sostenibile “un totale di 45mila tonnellate di rifiuti l’anno, che probabilmente dovranno arrivare a 60mila”.

 

Ma l’area del Consorzio Ecologico Cuneese produce 15-17mila tonnellate di rifiuti all’anno e nemmeno in provincia si arriva alla soglia prevista: “L’organico della Granda è di 39.500 tonnellate, non le 45 o le 60mila ipotizzate: non c’è la disponibilità degli altri tre consorzi provinciali, perché oggi pagano la metà e la Regione non può obbligarli”. Alle obiezioni economiche si sommano quelle ambientali, a cominciare dal traffico: “Ogni camion porta in media fino a 10 tonnellate di rifiuti, per arrivare a 45 o 60mila servono in media 4500-6000 camion all’anno. Il che si traduce in 20-25 camion al giorno concentrati nelle otto o dieci ore che si immettono in più nel traffico cuneese”. E poi “ci sono emissioni odorose e rischi di esplosioni e incidenti così come è avvenuto in Germania, un consumo dell’acqua cinque volte superiore alla lavorazione normale e il rumore”. L’alternativa ci sarebbe, secondo Armellini: una fermentazione aerobica in impianti più piccoli, di portata inferiore alle 20mila tonnellate e corrispondente alle esigenze del CEC. “Perché produciamo il biometano se ha tutti questi inconvenienti? Perché ci sono agevolazioni fiscali” conclude il consigliere: “Inserire un impianto che più rifiuti ingurgita più guadagna è un errore sistemico e rende antieconomiche le politiche virtuose di riduzione dei rifiuti a monte: è una logica perversa”.

 

 

Perché sì al biodigestore: “La discarica diventerà un gioiello green”

 

Chi invece difende a spada tratta l’operazione è Maria Laura Risso di Centro per Cuneo, la quale ne ha sia per l’opposizione che per il Pd: “Mi stupisco che la stessa parte politica che si lega ai cedri sia quella che vorrebbe fermare la procedura, a seguito del discutibile intervento della deputata Gribaudo”.

 

“Vi ritenete ambientalisti e non comprendete il prezioso valore ecologico di questa struttura” continua l’esponente di Azione e della lista Cirio: “Dalla digestione aerobica, impianto di vecchia generazione con biofiltri che vanno sostituiti ogni 4 anni al costo di 400mila euro, si arriverà a un impianto che prevede l’inserimento di una sezione di digestione anaerobica e purificazione di biogas che consente di produrre biometano oltre al compost. Questo intervento trasformerà il polo impiantistico di Borgo, che attualmente consuma energia e combustibili fossili, in un centro di produzione di energia rinnovabile, per un risparmio di emissioni equivalente a oltre 1500 tonnellate di petrolio”.

 

Sulle famose quarantacinque o sessantamila tonnellate di rifiuti da reperire non arrivano repliche, ma Risso fa notare che l’impianto costerà molto meno del previsto al territorio: “L’intervento è sostenuto per oltre l’80% dal Pnrr: grazie a questo contributo l’investimento inizialmente approvato dai soci gestori nel 2019, pari a 13 milioni, è stato ridotto ai residuali 3 milioni. Diverrà un’infrastruttura all’avanguardia, un gioiello green del territorio cuneese, punto di riferimento per tutta la provincia”.

 

 

A Fossano c’è un altro progetto (privato), ma nessuno lo vuole

 

La novità è quella introdotta da Claudio Bongiovanni di Cuneo Mia. Riguarda il progetto di costruzione di un impianto di biometano nel comune di Fossano, presentato dalla Biomethan Green Park di Legnano. “Sorgerebbe in un’area di cinque ettari su terreno di proprietà della ditta proponente, muovendo una massa di 70mila tonnellate” dice il consigliere, citando articoli di stampa: “Ci chiediamo come si possano fare concorrenza questi due impianti e come possano essere gestiti”.

 

Se lo chiedono anche i fossanesi, in particolare i frazionisti di via Marene, dove l’impianto dovrebbe sorgere. Un centinaio di loro ha partecipato a un’assemblea lo scorso 21 maggio, annunciando l’imminente costituzione di un comitato per il no. Sono contrari anche il sindaco in carica Dario Tallone (“la nostra salute non ha prezzo”) e lo sfidante Francesco Balocco, che anzi accusa l’amministrazione di non fare abbastanza. Il prossimo 18 giugno dovrebbe esserci una conferenza di servizi in Provincia, ma l’obiettivo è quello di rinviarla almeno a metà luglio, quando la nuova giunta fossanese sarà già insediata.

 

Per Patrizia Manassero la possibile concorrenza tra il biodigestore pubblico di Borgo e quello privato di Fossano non è così dirimente: “L’autorizzazione degli impianti viene svolta attraverso la commissione di autorizzazione provinciale e l’Ato regionale: di biodigestore ne possono fare uno gigantesco, ma sono le nostre autorità che decidono”. In quanto a Borgo, la sindaca giudica “significativo, come ho sentito nella risposta del viceministro alla parlamentare Gribaudo, l’aver ricordato che l’impianto è stato approvato dall’allora ente d’ambito provinciale. Anche io penso che si debba superare l’idea del rifiuto come ‘bene’, tuttavia il rifiuto zero è un’utopia: parlare di rifiuto organico è interessante”.

Andrea Cascioli

CUNEO



 

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