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C’era un tempo in cui nonni e genitori ammonivano rispettivamente nipoti e figli sull’opportunità di accumulare soldini per la vecchiaia, per la malattia, per quella fase della vita caratterizzata dalla fragilità. Molti l’hanno fatto, qualcuno continua a farlo, ma la maggior parte della gente ha affidato la stessa pratica allo Stato. Il quale in fondo dice: “Caro cittadino, io sono lo Stato sociale, se mi paghi (bene) avrò cura di te dalla culla alla tomba, passando dalla prevenzione, la cura delle malattie, i pannolini e pannoloni, il ricovero in ospedale e infine in casa di riposo e in fondissimo all’Hospice”. La promessa era questa, e quindi i cittadini si sono fidati e non hanno più messo via i soldini per la vecchiaia, tanto li hanno affidati allo Stato sociale.  C’è anche da dire che non è che ci lasciasse molta scelta. Se non che, sono avvenute una serie di distorsioni che hanno fatto saltare il sistema, per cui gli insegnamenti dei nonni e genitori andrebbero un po’ rispolverati.

Primo, di tutti i cittadini sembra che forse solo un terzo metta il grano per tutti gli altri. I restanti, se non sono già in carico per fragilità e vecchiaia, si affidano all’evasione, all’elusione fiscale, insomma non mettono quello che serve per sostenere lo Stato sociale perché possa avere cura di tutti. Non che chi ci governa abbia fatto la faccia molto feroce, perché tra condoni, sospensioni, sanatorie, paci fiscali assortite, rottamazione di multe e cartelle, è stato veramente un bengodi per chi non ha contribuito alla sanità pubblica in passato, e non lo farà né nel presente né nel futuro.

Secondo, lo Stato, anzi più esattamente i partiti politici, hanno strizzato l’occhio agli stessi cittadini promettendo più o meno: “Ascolta, cosa ne dici se dei soldi che mi dai ne uso un po’ per altri tuoi bisogni e non per la tua salute, tanto i servizi per la sanità sono abbondantissimi. Ti do: pensione a quota 100, bonus edilizi a pioggia anche se sei ricco, bonus 18enni, bonus famiglie bisognose, bonus nido, bonus spesa, olimpiadi, expo, quote rose, e ogni ben di Dio. Per la salute stai tranquillo, chiudiamo un po’ di ospedali di periferia, tagliamo un po’ gli organici di medici e infermieri, ma non cambierà niente”. In tanti li hanno votati, ci sono state prebende per molti, ma i soldi sono stati spostati e quindi sulla sanità ne abbiamo di meno.

Risultati? Sono ogni giorno sui media: 8-10 ore per una presa in carico presso un Pronto Soccorso, liste d’attesa per esami e visite specialistiche non compatibili con il senso stesso della procedura. Che significa: diagnosticare dopo 6-8 mesi non solo è pericoloso e costoso, ma non ha alcun senso. Metteteci poi una storia sanitaria che ha fatto clamore a Milano, capitale morale, opulenta, laboriosa, accogliente, inclusiva bisogna dire adesso. Un uomo di 91 anni, in perfetta salute fino a poche ore prima, cade, si frattura, viene giudicato non operabile e lasciato per quattro giorni su una barella, legato, in condizioni definite dal figlio non umane, non dignitose. Nessun reparto di un grande ospedale milanese che lo accogliesse fino al decesso avvenuto nel settore di Medicina d’urgenza, con pochi momenti concessi ai famigliari per accompagnarlo all’ultimo vecchio ponte. La storia è quindi di un uomo che ha pagato tasse per 60 anni allo Stato che gli aveva promesso di accompagnarlo decorosamente fino alla morte. E al momento di mantenere l’impegno: marameo.

Non abbiamo ovviamente gli strumenti per giudicare i fatti e non è il nostro compito. Incassiamo invece la morale della vicenda, molto dura ma assolutamente realistica: era meglio tornare a casa a morire nel proprio letto tra i propri affetti umani e materiali, oppure mettere lì un soldino per una casa di cura, che a ben guardare per 3-4 giorni non sarebbe costata un’esagerazione. Quindi, alla fine del discorso, tornando alla dritta dei nonni: tenetevi via dei denari per la vecchiaia. Ormai è una certezza che serviranno.

 

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