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La Germania segue l’esempio della Francia e mette in decreto la riduzione dell’IVA applicata alle vendite di opere d’arte, da tempo e pressantemente richiesta dagli operatori del mercato dell’arte nazionale. Dal prossimo gennaio 2025 l’imposta sul valore aggiunto non sarà più del 19%, ma l’industria potrà dotarsi di un’aliquota ridotta del 7%. L’effetto? Chiaramente l’abbassamento dei prezzi delle opere d’arte agli acquirenti e, quindi, una bella iniezione di incoraggiamento ai collezionisti e il rilancio della produttività del mercato dell’arte tedesco, a livello nazionale e internazionale. 

La riforma fiscale tedesca favorisce il mercato dell’arte con l’IVA ridotta  

Il governo tedesco ha ascoltato e dato seguito alle richieste dei galleristi e degli attori del sistema dell’arte tedesco, che evidenziavano la necessità di allinearsi ad altri competitor in termini di attrattività del contesto nazionale e le nuove misure in materia di legislazione fiscale, approvate il 6 giugno e in vigore dall’anno prossimo, introducono un’aliquota ridotta che incentiva gli investimenti in arte e risponde anche in modo concorrenziale alla direzione imboccata dalla Francia, ad esempio. 
“L’aliquota ridotta è un segnale importante, soprattutto in tempi difficili, per il mercato dell’arte e per il contributo culturale delle gallerie”, ha dichiarato la ministra della Cultura, Claudia Roth. A renderlo possibile è stata la nuova cornice della Direttiva Europea 542 del 2022, che consente e invita i paesi membri a recepire aliquote ridotte per il commercio di beni e servizi di interesse generale e con responsabilità sociali, tra cui possono rientrare appunto “opere d’arte, oggetti da collezione e di antiquariato”

Francia e Germania a IVA ridotta e velocità aumentata. E l’Italia?

La riduzione dell’IVA e delle imposte sulle opere d’arte, in virtù del contributo culturale della filiera, e lontano dallo spettro del bene di lusso, diventa tanto più strategica in tempi di contrazione del mercato, come quello che ancora non abbiamo superato. Riuscendo a contenere il prelievo fiscale che va a caricarsi sui prezzi delle opere si può infatti restare accessibili, oltre che più competitivi, per un numero maggiore di collezionisti e semplici appassionati e ridare un po’ di fiato a un’industria in affanno. 
Sul fronte italiano sono impegnate da tempo le associazioni di categoria come ANGAMC, che ha messo sul tavolo della politica nazionale proposte concrete, come l’abbassamento dell’aliquota IVA sul commercio delle opere d’arte, oggi al 22%, e in importazione, equiparandosi ai valori europei dal 10% al 5%, sostenuta sinergicamente anche dal gruppo Apollo e dal consorzio di gallerie Italics. La partita è chiaramente necessaria, ma anche urgente. La finestra di tempo residua non è lunghissima infatti e mentre altri vicini di casa si son già attivati (vedi la Francia) o si muovono (come la Germania), l’Italia dovrebbe starci attenta: i paesi europei hanno tempo per agire e allineare le leggi nazionali alla nuova direttiva entro la fine del 2024, ci siamo quasi.

Cristina Masturzo

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