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In Irpinia sempre più negozi abbassano definitivamente le serrande, mentre le consegne delle grandi piattaforme online sono in aumento.
I dati dei primi tre mesi del 2024 sono allarmanti: mediamente chiude un’attività al giorno”. Così Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti.
E’ un fenomeno – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – che riguarda l’intero Paese, ma la Campania è la regione maggiormente colpita, insieme agli altri territori con un tessuto commerciale più sviluppato.
Quasi 10 mila imprese del commercio al dettaglio, una media di oltre quattro negozi ogni ora, hanno chiuso i battenti da gennaio a fine marzo in tutta Italia, circa 1000 unità in più dello stesso periodo dello scorso anno.
La sola Campania ha un saldo negativo di 1.225 negozi, seguita da Lombardia e Lazio. Anche i dati della provincia di Avellino sono molto preoccupanti, con un tasso di chiusura più alto della media nazionale.
A rendere ancora più pesante il bilancio è la denatalità delle imprese in generale.
Le nuove società e ditte che aprono sono sempre meno. Negli utitmi dieci anni, nell’intero Paese, sono passate da circa 15 mila a 7.400.
Se le vetrine scompaiono e avanza la desertificazione commerciale sui territori, si registra invece un boom delle vendite su internet, soprattutto delle grandi piattaforme internazionali, che in dieci anni hanno decuplicato il numero di ordini passando a livello nazionale, da 75 milioni circa nel 2013 ai 734 milioni stimati per il 2024, di cui oltre un terzo nelle tre regioni più interessate: Lombardia (oltre 124 milioni di consegne in tutto), Lazio (71 milioni circa) e Campania (69,6 milioni). Secondo le stime del nostro centro studi nel corso di quest’anno lieviteranno del 13%.
I territori però non beneficiano quasi per nulla di questa crescita.
Non solo le comunità, soprattutto le più piccole, con le chiusure di negozi di vicinato perdono riferimenti utili ed importanti, le realtà urbane subiscono una progressiva trasformazione, diventando sempre più desolanti e meno sicure, ma si determina una drastica riduzione del gettito fiscale e tributario, a livello centrale e locale, con una minore disponibilità di risorse finanziarie per i servizi pubblici, che negli ultimi dieci anni è pari a 5,2 miliardi di euro cumulati, in tutta Italia”.
Questo fenomeno – conclude Marinelli -, che impoverisce l’economia locale e nazionale, incidendo anche sull’occupazione, non compensata dalla crescita delle piattaforme web, non è semplicemente la conseguenza di un’evoluzione del commercio, ma l’effetto di una concorrenza sleale, perché le grandi aziende di vendita digitale godono di condizioni di favore.
E’ necessario quindi un riequilibrio normativo, oltre ad un ammodernamento del sistema produttivo e ad una maggiore innovazione delle piccole e piccolissime imprese.
I negozi di vicinato però andrebbero considerati, al pari di altri settori importanti e fragili, come l’agricoltura, un “settore protetto”, con misure specifiche dell’Unione europea”.
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