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Lo scorso settembre, il cosiddetto “Decreto Sud” ha sancito il passaggio dalle otto ZES regionali ad un’unica Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno in cui rientrano Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Un riassetto scattato ufficialmente il 1° gennaio scorso, con l’istituzione di una cabina di regia ZES presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio delle attività, ma a cui al momento mancano all’appello due passaggi fondamentali per mettere in moto il meccanismo: il credito d’imposta sugli investimenti e il Piano strategico triennale.

Un paradosso certificato dalla mancanza dei due decreti dal sito del Dipartimento, che non senza imbarazzo ammette il ritardo promettendo di rimediare in tempi brevi, ma che al di là delle scuse ufficiali rischia di vanificare l’intenzione di diverse aziende di investire nella ZES Unica per il Mezzogiorno sfruttando una finestra temporale di operazioni che possono essere effettuate tra il 1° gennaio ed il 15 novembre prossimo. Una beffa da aggiungere al lunghissimo elenco delle occasioni perse per il Sud.

Tutto, come accennato, era iniziato lo scorso mese di settembre, con la pubblicazione su G.U. del DL n. 124/2023, meglio conosciuto come Decreto Sud. Un pacchetto di iniziative per rilanciare l’economia del meridione del Paese attraverso la creazione di una Zone Economica Speciale unica al posto delle otto operative.

Anche per semplificare iter e burocrazia, la nuova ZES era stata immediatamente dotata di un sistema di governance gestito direttamente dalla Presidenza del CdM, e corredata da un contributo tra 200mila euro e 100 milioni, emesso sotto forma di credito d’imposta a disposizione per gli investimenti iniziali di imprese che acquistano o noleggiano in leasing macchinari, impianti e attrezzature destinati a nuove strutture produttive. Ma anche l’acquisto di terreni e l’ampliamento di immobili strumentali, purché compresi entro il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato.

Tutto sotto controllo, quindi, compresa la precisazione che il limite di spesa per il credito d’imposta sarebbe stato determinato, con apposito decreto, entro il 30 dicembre scorso, data ultima per l’emanazione del decreto poi modificata dalla legge di bilancio, insieme al riferimento alla copertura “a valere sulle risorse europee e nazionali della politica di coesione”. L’unica conferma, il meccanismo di accesso alle agevolazioni entro il limite di spesa complessivo di 1,8 miliardi. Il decreto attuativo – a quanto si apprende fermo alla Ragioneria dello Stato – è il passaggio fondamentale per regolare accesso, fruizione e controlli al beneficio.

La promessa è quella di una rapida pubblicazione del Decreto, insieme a o breve distanza dal Dpcm contenente il piano strategico triennale della ZES, in cui elencare le regioni, i settori interessati e le priorità. Al momento, è scesa in campo Unioncamere per creare lo sportello per la presentazione delle domande, che al momento vanno presentate al Suap (Sportello Unico Attività Produttive), il quale si occupa di trasmetterle alla struttura ZES.

Va da sé che il meccanismo della transizione verso la ZES unica appare ben lontano dall’essere completo, ma la complessità dell’operazione è sottolineata dal notevole numero di comuni che saranno coinvolti nella nuova Zona Economica Speciale: 2.551



 

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