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GIORGIA MELONI PRESIDENTE FRATELLI D’ITALIA E DI ECR PARTY

Tralasciamo i preliminari, la melina che tanto piace ai politologi di ogni tendenza e veniamo al sodo. La consultazione europea ha dato la vittoria a Giorgia Meloni e al suo partito. Il suo 28,8% (nel 2019, 6,4%; nel 2022, 26,0%) non ammette discussioni e tuttavia accresce le sue responsabilità in relazione a due appuntamenti che si concretizzeranno in breve. Il primo è tutto italiano e consiste nella famigerata autonomia rafforzata di Veneto e Lombardia (l’Emilia-Romagna sembra che si sia ritirata).

Il dilemma dell’autonomia rafforzata 

Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, partito che affonda le sue radici nel nazionalismo e che, attualmente, ha una posizione sovranista, accetterà di diventare complice di una iniziativa volta ad avviare la disgregazione del paese? Subirà il ricatto del partito che reca nel suo Dna la dissoluzione dello stato unitario e la sua balcanizzazione, mediante la quale la Padania conquisterà con la Baviera il primato di area più ricca d’Europa? In questo dilemma c’è il futuro di Fratelli d’Italia e del governo di destra. Anche se il ricatto della Lega sembra si sia trasformato in un bluff che gli altri giocatori al tavolo possono sventare decidendo di «vedere».

La seconda scommessa di Giorgia

La seconda scommessa di Giorgia Meloni riguarda l’Europa e la collocazione dell’Italia nella nuova Unione uscita dalle elezioni. Naturalmente il crollo di Emmanuel Macron (con la scommessa delle elezioni politiche generali nelle quali potrebbe battere la destra lepenista perdendo in ogni caso la leadership del passato) offre all’Italia e alla sua premier un’occasione ghiotta e inattesa per assumere il ruolo di pilastro della Commissione e del suo futuro. Questo significa, prima di tutto, per Meloni l’assunzione di un approccio non ideologico, accettando di formare una maggioranza anche con gli odiati nemici socialisti. Ma offre altresì la possibilità di diventare punto di riferimento di un’Europa che coltivava e coltiva il seme velenoso della propria dissoluzione, portandola a essere, tramite suo, corresponsabile di una nuova politica fondata sul realismo e sul gradualismo.

Meloni può completare la maggioranza Ursula

Non a caso oggi i Verdi (europei) dichiarano che non rientreranno nella «maggioranza Ursula» proprio perché hanno compreso che la loro rigidità ideologica non avrà più l’udienza del passato. In ogni caso, la realtà ci dice che questa maggioranza sarà riproposta in ogni caso e le sue possibilità di sussistere Verdi o non Verdi sono sostanziose. Insomma, Meloni può essere il soggetto che completa questa maggioranza allo scopo di condizionarla in senso, appunto, realistico e gradualistico, consegnando all’Italia un potere comunitario da tempo perduto.

Per gli altri del centro-destra dobbiamo solo aspettare la Lega (nel 2019, 34,3%; nel 2022, 8,0% e nel 2024, 9,00%) che avrebbe in programma per l’autunno il suo congresso. Ed essa sarà chiamata ad adeguarsi (o no) alle linee politiche che la premier si appresta a concretizzare. Forza Italia ha avuto il suo successo e continuerà a consegnare il proprio contributo alla stabilità della maggioranza e del gabinetto.

Il successo del Pd: riformismo e massimalismo

Sul lato opposto, nel quale si celebra il successo di Elly Schlein e del Pd ci sono molte cose da dire. Perché se è vero che il partito ha conquistato il 24,1% (Nel 2019, 22,7, nel 2022, 19,0), è anche vero che i maggiori successi elettorali sono stati di esponenti del riformismo renziano, che pur privi di Matteo Renzi, continuano a dipanare la loro tela riformista, nettamente diversa dalla linea della segretaria. In proposito, va solo sottolineato che Elly Schlein ha inteso posizionare il partito sul fronte massimalista, andando addirittura a evocare Enrico Berlinguer, il leader sempre perdente negli appuntamenti che la storia politica del paese gli aveva offerto. Il massimalismo di Berlinguer, opposto al pragmatismo togliattiano, l’aveva condotto ai cancelli della Fiat a sostegno della lotta dei lavoratori. Peccato che in pochi giorni, una manifestazione di lavoratori della Fiat, colletti bianchi e colletti blu, si concretizzò per le vie di Torino chiedendo alla direzione di riprendere in mano l’azienda per tornare a renderla ordinata, produttiva e creatrice di ricchezza. Del compromesso storico e della sconfitta nel referendum sul taglio della scala mobile abbiamo parlato di recente.

Parole d’ordine effimere e irrealistiche

Rimane la questione politico-strategica. Quali le prospettive che un Pd massimalista può coltivare rispetto al governo del paese? Le parole d’ordine di questa campagna elettorale (sanità, salario minimo, aumento delle retribuzioni) sono tutte effimere e irrealistiche. Un debito pubblico al 147% del pil lega le mani a qualsiasi governo. Una produttività stagnante da 20 anni o più rende impossibile un aumento delle retribuzioni. Il salario minimo è una bestialità proprio se visto da sinistra, rispetto alla capacità che dovrebbe avere il sindacato di negoziare i livelli salariali. Insomma, il Pd di Schlein è perfettamente funzionale a garantire la permanenza e la prosecuzione del governo di destra, vista l’incapacità di uscire dalla comoda e lucrosa posizione massimalista e di giocare a tutto campo per il futuro del paese e dei giovani che lo popolano. Ferma la gravità delle immigrazioni, problema che crescerà in modo drammatico investendo tutto il paese e non in senso moderato e permissivista.

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