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Il decreto Agricoltura, D.L. n. 63 del 15 maggio 2024, interviene in materia di credito d’imposta per investimenti nella ZES Unica istituito dall’art. 16 del D.L. n. 124/2023 per rendere la misura maggiormente aderente ai settori agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

I comparti produttivi in argomento erano già destinatari dell’incentivo in virtù del richiamato art. 16 del decreto Coesione del 2023 seguendo le regole generali fissate da quella disposizione. Con l’unica differenza che avrebbero dovuto rispettare limiti e condizioni di cui alle normative comunitarie in materia di aiuti di Stato per quei particolari settori. L’art. 1, comma 7, del D.L. n. 63/2024 ha eliminato dall’art. 16 del D.L. n. 124/2023 ogni riferimento ai comparti agricolo, della pesca e dell’acquacoltura, disciplinandone il beneficio con una norma ad hoc, l’art. 16-bis del D.L. n. 124/2023. I 40 milioni individuati quali risorse per finanziare l’aiuto saranno sottratti ai 1.800 milioni destinati dalla legge di Bilancio 2024 a finanziare il credito d’imposta ZES unica che, in quel momento, contemplava anche il mondo agricolo. Questa dotazione, tuttavia, potrebbe essere ridotta di altri 90 milioni utili a finanziare l’ulteriore anno concesso per il recupero del credito d’imposta Mezzogiorno illegittimamente fruito per gli investimenti sostenuti fino allo scorso anno dalle imprese agricole e della pesca. Eventuali residui di tali risorse saranno sommati ai 40 milioni per finanziare il nuovo credito d’imposta (art. 1, commi 6 e 8, D.L. n. 63/2024).

Particolare disciplina per agricoltura, pesca e acquacoltura

Come per il più generale credito d’imposta ZES Unica, ulteriormente declinato dal decreto del MEF del 17 maggio 2024 (che per richiedere il credito d’imposta prevede l’invio di una comunicazione dal 12 giugno al 12 luglio 2024 all’Agenzia delle Entrate), anche l’aiuto di cui al recente art. 16-bis è fruibile per il solo 2024 dalle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura che investiranno nei territori della Zona Economica Speciale SUD, o ZES Unica, istituita con decorrenza 1° gennaio scorso dall’art. 9 del D.L. n. 124/2023. Si tratta dei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna.

Analogamente al credito d’imposta istituito per gli altri settori produttivi, mentre il comma 1 dell’art. 16-bis concede il beneficio per l’intero 2024, il successivo comma 2 lo circoscrive agli investimenti che saranno effettuati soltanto entro il 15 novembre 2024. Con riferimento all’ambito temporale della disposizione, come per il previgente credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, e come statuito dall’art. 3, comma 4, del recente DM 17 maggio 2024 per il generale tax credit ZES Unica, il momento dell’investimento va individuato secondo le regole generali di competenza di cui all’art. 109, commi 1 e 2, del TUIR.

Per i particolari settori individuati dall’art. 16-bis del D.L. n. 124/2023, vi sono un paio di aspetti innovativi che vanno colti assolutamente con favore. Dal punto di vista oggettivo, infatti, si deve osservare che il comma 2 della nuova disposizione qualifica come investimenti agevolabili quelli «relativi all’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio, nonché all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti, che rispettino le condizioni previste dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico». A differenza del previgente credito d’imposta Mezzogiorno, e del generale tax credit ZES Unica, viene meno il riferimento agli investimenti «facenti parte di un progetto di investimento iniziale come definito all’articolo 2, punti 49, 50 e 51, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014». Se non seguiranno modifiche della norma, ciò significa che l’incentivo sarà fruibile anche per l’investimento effettuato acquisendo il singolo bene strumentale. Esclusivamente nel caso in cui l’impresa voglia beneficiare del credito d’imposta anche per l’acquisizione di beni immobili si deve pensare ad un investimento di maggior portata in quanto, in tal caso, il relativo valore non può eccedere il 50% del complessivo valore degli dell’investimento agevolato. Il riferimento ai progetti di investimento è ravvisabile soltanto nell’ultimo periodo del comma 2 del nuovo art. 16-bis laddove è prevista la soglia minima dell’investimento in 50.000 euro. Ma anche in quest’ultimo richiamo ai progetti di investimento, non vi è alcun riferimento alla normativa europea. Novità da cogliere, anche questa con favore se si tiene conto che, per la generalità delle imprese, la soglia minima è fissata in 200.000 euro.

Misteri da svelare

L’incentivo è attributo «nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico».

Al riguardo, si rappresenta che per il previgente credito d’imposta Mezzogiorno, che pure richiamava la normativa in materia di aiuti di Stato per i detti settori, non vi sono mai state precise indicazioni dei regolamenti (Ue) cui far riferimento. Alcune istanze di interpello sull’argomento non hanno mai trovato risposta compiuta in quanto l’Amministrazione finanziaria riferiva di attendere un parere dell’allora Mipaaf, a quanto pare mai pronunciatosi. L’incertezza dell’Agenzia riguardava l’applicabilità alternativa tra il regolamento (Ue) n. 1407/2013 e il n. 1408/2013 relativi agli aiuti «de minimis». Ma, a ben vedere, tali regolamenti devono ritenersi inapplicabili. Infatti, in virtù della formulazione letterale delle norme che recano gli incentivi, oggi come ieri, il beneficio non può che configurare un aiuto di Stato, non un aiuto «de minimis». Si deve rilevare, infatti, che il legislatore, per altre agevolazioni fiscali, ha espressamente menzionato i limiti del regime de minimis. È il caso, ad esempio, della detrazione dei canoni di affitto di terreni dovuti da giovani agricoltori prevista dall’art. 16, comma 1-quinquies, del TUIR. Per il comparto della produzione primaria, pertanto, il regolamento (Ue) di riferimento dovrebbe essere il n. 702/2024 cui attingere per i massimali d’aiuto e che, ritornando a quanto si illustrava pocanzi, non reca alcuna definizione di “progetto di investimento”. Anche per svelare il rebus con riferimento al previgente bonus Sud, è dato importante che l’art. 16-bis del D.L. n. 124/2023 non fissi l’intensità dell’aiuto «nella misura massima consentita dalla medesima Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027», richiamata soltanto per individuare le zone di riferimento, ma secondo i limiti della normativa comunitaria per gli aiuti di Stato nei citati settori.

Ulteriore rebus, dal momento che la novella normativa ricalca la struttura del più volte citato credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, concerne l’ambito soggettivo di riferimento. Vale la pena ricordare, infatti, che il cosiddetto bonus Sud è stato precluso alle imprese individuali e società semplici agricole titolari di reddito agrario ex art. 32 del TUIR. Ciò è stato chiarito dalla DRE Puglia dell’Agenzia delle entrate in risposta all’interpello n. 917-753/2020 e ribadito l’8 marzo 2022 in risposta all’interrogazione n. 5-05072 dell’allora deputato Giuseppe L’Abbate. I due documenti hanno altresì affermato che tutte le imprese agricole non rientranti nelle due predette fattispecie, titolari di reddito d’impresa di cui all’art. 55 del TUIR, rientrano nel perimetro dell’agevolazione. La posizione non è condivisibile poiché entrambe le normative di riferimento si rivolgono “alle imprese” nell’accezione civilistica della locuzione e non nell’accezione reddituale. In questa seconda ipotesi, infatti, il legislatore avrebbe dovuto rivolgersi ai titolari di reddito d’impresa.

 

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