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L’AQUILA. Aveva ottenuto la cosiddetta abitazione equivalente affermando che era la sua “prima casa” nella quale risiedeva il 6 aprile del 2009. Non solo. Aveva anche chiesto il risarcimento per i mobili distrutti. Il riacquisto della “nuova” casa era stato fatto sulla costa adriatica. Nel 2014 il Comune dell’Aquila si accorse che quella “abitazione equivalente” era stata concessa su una falsa attestazione. Il cittadino, infatti, la notte fra il 5 e 6 aprile di oltre 14 anni fa, non era in quell’appartamento nella zona della Villa comunale (dove sotto le macerie persero la vita decine di persone). L’alloggio era stato infatti affittato a tre studenti universitari uno dei quali è fra le 309 vittime del sisma del 2009. Nonostante la tragedia, il proprietario non ebbe esitazioni e si attivò subito per avere sia la casa equivalente che l’indennizzo dei mobili. Una cifra complessiva di quasi 280mila euro.
Nel 2015 in una delibera della giunta comunale Cialente si leggeva che il cittadino era imputato – era stato aperto anche un fascicolo penale – per avere «attestato falsamente di avere l’abitazione principale all’Aquila, in centro storico, appartamento in realtà concesso da tempo in locazione a terzi (tra cui uno studente ivi deceduto in conseguenza del terremoto, circostanza taciuta all’ente per evitare riscontri puntuali). Con questi raggiri richiedeva l’indennizzo per i beni mobili danneggiati e otteneva anche il contributo per l’acquisto di abitazione equivalente a quella principale».
La vicenda è andata per le lunghe e ci è voluta una causa davanti al Tribunale civile, passata in giudicato, che ha stabilito che il cittadino quei soldi li aveva avuti in maniera non legittima e quindi li deve restituire tutti. Il Comune nonostante i solleciti non ha ancora visto un euro, tanto che è dovuto ricorrere a un atto di pignoramento immobiliare.
IL PRECEDENTE
Quello descritto non è purtroppo il solo caso di chi, subito dopo il terremoto, ha voltato la testa dall’altra parte e ha pensato solo al suo portafoglio. Un altro cittadino aquilano, infatti, nel 2013 aveva ottenuto circa 154mila euro per l’acquisto di una casa al posto di quella gravemente danneggiata e classificata E. Un anno dopo il Comune si accorse che il beneficiario non aveva diritto alla casa equivalente e chiese indietro i soldi. Ecco cosa si leggeva in una delibera della giunta comunale di circa un anno e mezzo fa: «L’abitazione, indicata dal richiedente come principale (requisito fondamentale per ottenere la casa equivalente) era posta in pieno centro storico. Il cittadino ottenne, pertanto, la somma di 154mila euro che venne regolarmente impiegata per l’acquisto di un altro alloggio. Ad acquisto definito, emersero diverse e concordanti circostanze atte a escludere la spettanza del beneficio conseguito: l’abitazione indicata come principale apparteneva, in regime di usufrutto, a terza persona; nell’immobile viveva, in locazione, uno studente universitario, che, proprio durante il terremoto del 6 aprile, era stato travolto e ucciso dal crollo dell’abitazione. Venne pertanto avviato il procedimento per il ritiro del buono-contributo».
Il cittadino però si rifiutò in un primo momento di restituire i 154mila euro ottenuti illegittimamente e, pare, avesse donato a terzi – nelle more del procedimento avviato dal Comune per riavere il denaro – tutti i suoi beni mobili e immobili, per cui quando l’amministrazione pubblica ha ottenuto dal tribunale un provvedimento per obbligare l’uomo a sanare il contenzioso si è trovata in mano un pugno di mosche. L’unica cosa possibile fu quella di pignorare un quinto della pensione. Solo di recente la vicenda è stata chiusa con una sorta di accordo bonario. Questi due casi sono quelli emersi ma non è escluso che possano essercene altri.
CASE EQUIVALENTI
La legge del 24 giugno 2009 relativa a “interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo” aveva previsto la possibilità di concedere contributi per l’acquisto di una abitazione sostitutiva dell’abitazione principale crollata per almeno il 25 per cento (criterio quest’ultimo annacquato con successivi provvedimenti). Si decise che la nuova casa poteva essere “cercata” in ogni parte d’Italia (qualcuno è andato fino a Sassari) e che la vecchia sarebbe stata ceduta al Comune (che ora ne possiede già oltre 700). Dal 2016 la casa si può ricomprare solo all’interno del comune dell’Aquila.
INDENNIZZO MOBILI
L’indennizzo per i mobili distrutti fu dato nel 2010 a tremila aquilani. La cifra massima concedibile era di 10mila euro. In quella prima fase lo Stato spese circa 20 milioni. Ora si sa che non tutti quelli che presero quei soldi ne avevano diritto. Come peraltro è accaduto per l’autonoma sistemazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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