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NELL’IMMAGINARIO comune, le stazioni ferroviarie dei piccoli centri non sono solo luoghi di transito, ma veri e propri punti di incontro di vite e di storie. Eppure, per anni, abbiamo relegato tali strutture, nel migliore dei casi, a ombre del passato. Il progetto “Piccole Stazioni: un tempo nuovo per i borghi” propone una graduale “terapia” a questa dimenticanza. Sviluppato dal Luiss Policy Observatory – il think tank della Luiss School of Government – in partnership con Ferrovie dello Stato, ’Piccole Stazioni’ si propone di istituire un protocollo di valorizzazione delle stazioni ferroviarie (nella foto uno dei progetti di rigenerazione) presenti nei comuni sotto i 15.000 abitanti, trasformandole in poli di aggregazione sociale ed economica, capaci di stimolare la crescita delle comunità locali e promuovere un modello più inclusivo e sostenibile. Al fine di raggiungere tale obiettivo, il Policy Observatory, con l’ausilio di un team di esperti, ha prodotto ricerche applicate e occasioni di confronto istituzionale. Questa iniziativa, peraltro, non rientra semplicemente in una proposta di riforma territoriale, ma aspira a proporsi come un modello attraverso il quale le politiche pubbliche possano essere formulate, valutate, o innovate attraverso un processo che integra ricerca accademica, pratiche istituzionali di eccellenza e confronto con i decisori e gli stakeholder.

Se i piccoli comuni italiani sono sovente elogiati e riconosciuti come luoghi ricchi di eredità culturale e paesaggistica, stanno anche affrontando un calo demografico preoccupante, dovuto a molteplici fattori, tra cui il calo delle nascite, l’emigrazione dei giovani verso le città e un progressivo invecchiamento della popolazione. Le stazioni ferroviarie in questi comuni, un tempo nodi vitali di connessione e scambio, vivono oggi un declino inesorabile. In tale contesto, il più ampio progetto delle Ferrovie dello Stato mira a contrastare lo spopolamento attraverso la riattivazione delle stazioni come centri di aggregazione e sviluppo, valorizzando la loro posizione strategica e il legame con la rete ferroviaria nazionale.

L’ambizione dell’iniziativa trova un fermo conforto nei dati e nelle statistiche più recenti: negli ultimi anni, si è osservata una crescente propensione degli italiani a trasferirsi nei borghi, sostenuta dal desiderio di fuggire dalla frenesia delle città in favore di una vita più tranquilla e autentica. Uno degli studi prodotti dal Policy Observatory ha rilevato che il 55% del campione intervistato di residenti urbani sarebbe disposto a trasferirsi in un borgo, con una leggera maggioranza di donne (57%) rispetto agli uomini (54%). In generale, il 77% ritiene che risiedere in un borgo offra una migliore qualità della vita rispetto alla città. Inoltre, risulta di particolare interesse che il 38% dei giovani tra i 18 e i 34 anni abbia valutato un trasferimento, sfatando il mito secondo cui l’attrazione verso contesti più tranquilli e rurali sia esclusiva delle generazioni più anziane.

Le principali ragioni che spingono gli italiani a considerare la vita in un comune di più piccole dimensioni includono la ricerca di un ambiente più sano e sicuro (65%), la possibilità di instaurare rapporti umani più profondi e significativi (60%) e il desiderio di vivere a contatto con la natura (58%). Tuttavia, le ricerche evidenziano come questa tendenza si scontri con problematiche come l’accesso ai servizi, la connettività e le opportunità di lavoro, fattori decisivi nella scelta di trasferirsi in un borgo. Dunque, per supportare efficacemente questa propensione e rendere i borghi opzioni di vita percorribili, è fondamentale che le politiche pubbliche si concentrino su interventi volti a migliorare la qualità dei servizi, la digitalizzazione e le infrastrutture, includendo trasporti efficienti e accesso a internet ad alta velocità. In questo senso, la collaborazione tra enti locali, istituzioni nazionali e settore privato è cruciale per creare un ecosistema completo capace di attrarre investimenti e nuovi residenti sul lungo periodo.

Le principali sfide del progetto riguardano la disponibilità di risorse finanziarie per il restauro e la riconversione delle stazioni, la conservazione del patrimonio storico, la collaborazione tra diversi attori e la risposta alle esigenze specifiche delle comunità locali. Tuttavia, le opportunità sono molteplici e affascinanti. Le stazioni ferroviarie possono essere efficacemente trasformate in hub multifunzionali che promuovano la sostenibilità e la mobilità integrata, valorizzino il patrimonio culturale e naturale e stimolino lo sviluppo economico e la coesione sociale. Attraverso una strategia innovativa, queste stazioni possono diventare catalizzatori di sviluppo turistico, offrendo nuovi servizi, esperienze culturali immersive e attività ricreative che rispecchino l’autenticità dei piccoli comuni.

Un esempio interessante emerso dalle ricerche è la proposta di conversione di alcune linee ferroviarie dismesse in greenways, capaci di connettere le comunità, preservare gli habitat naturali e promuovere il cicloturismo e il trekking. Questo tipo di intervento non solo favorirebbe una mobilità alternativa ma anche la riscoperta e valorizzazione dei territori, contribuendo alla crescita del turismo responsabile. Il Progetto “Piccole Stazioni: un tempo nuovo per i borghi” offre, dunque, un esempio concreto del contributo del Luiss Policy Observatory al dibattito e all’innovazione nel campo della public policy nazionale ed internazionale. Nel cuore dell’Italia, le piccole stazioni ferroviarie si preparano a diventare nuovi epicentri di crescita e sviluppo, elementi centrali per favorire il rilancio dei piccoli borghi.

* Research fellow, Policy Observatory,

Luiss School of Government

 

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