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Roberto Occhiuto

In capo all’iceberg c’è Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, ma più o meno tutti gli amministratori locali del Sud iscritti a Forza Italia premono perché in qualche modo la legge sull’autonomia differenziata non venga approvata così com’è ma torni al Senato dopo una pausa di riflessione per cercare di garantire che non sia penalizzate per il Sud, dove non a caso il centrodestra è uscito indebolito alle recenti regionali.

Non solo. Anche la Chiesa, nel Meridione, è compatta nel respingere la riforma, tanto che sulla spinta dei vescovi è intervenuto anche il presidente della Cei per esprimere il dissenso. Inoltre la manifestazione a Roma delle opposizioni induce soprattutto i sudisti di Forza Italia a preoccuparsi sul piano politico e cercare una difficile mediazione tra chi vuole procedere a spron battuto e chi vuole cancellare la riforma. La mediazione consiste nel ristudiarla e modificarla. Con buona pace di Matteo Salvini e Luca Zaia, che invece contano le ore che mancano all’approvazione.

Occhiuto (regione Calabria): la legge e le risorse devono viagguare insieme

Il no di Occhiuto è un rifiuto pesante. Lui è anche vice-segretario di Forza Italia e in un eventuale riassetto dei vertici del partito berlusconiano è il più accreditato a sostituire Antonio Tajani. Egli è andato perfino al forum Ambrosetti organizzato a Sorrento per sottolineare il suo disaccordo: «Per come è uscito dal Senato, il disegno di legge sull’autonomia differenziata non creerà alcuna opportunità, né per il Nord, né per il Sud. Nel testo c‘è scritto che le intese si possono fare solo dopo aver definito i Lep (Livelli essenziali di prestazione) ma Svimez sostiene che ci vorranno 70-80 miliardi per finanziarli. Quindi non se ne fa nulla. Ho sperato che fosse l’occasione per definire finalmente diritti sociali e civili secondo i fabbisogni e non più secondo la spesa storica, ma il risultato non mi convince». Continua Occhiuto: «Il ministro Calderoli vuole prima approvare la legge sull’autonomia, poi garantire le risorse ma è un approccio sbagliato. Le due cose devono viaggiare insieme, altrimenti per il Sud l’autonomia rischia di diventare una trappola.

Oggi assistiamo al primo vagone del treno, quello con la legge sull’autonomia, che arriva puntuale in stazione mentre gli altri vagoni, che contengono il finanziamento dei Lep e il meccanismo di perequazione, finiscono su un binario morto. Confido nell’equilibrio e nella saggezza di Giorgia Meloni».

Schifani (regione Sicilia): non si possono sottrarre risorse al Sud

Gli fa eco un altro presidente forzista di Regione, Renato Schifani, che è pure presidente del consiglio nazionale di Fi: «Non si può approvare una riforma così importante sull’onda della fretta. Sulla definizione dei Lep servono attenzione e riflessione. Il Sud non chiede prebende con il cappello in mano, ma non si può pretendere che ciò che non funziona da decenni cambi con la bacchetta magica».

Schifani poi aggiunge: «E non si possono sottrarre risorse al Sud che ne ha più bisogno. Sono contrario all’idea di una Italia a due velocità. Pur nel rispetto della Costituzione che prevede la possibilità per le Regioni di avere una maggiore autonomia, sono convinto che prima di tutto sia necessaria una omogeneizzazione degli aspetti infrastrutturali ed economici del nostro Paese. I miei colleghi governatori del Nord conducono battaglie a difesa dei loro territori sostenendo anche una maggiore capacità nel versamento dei tributi, ma su servizi essenziali come sanità e scuola resto convinto che non possono esserci medici o professori più pagati al Nord e meno al Sud. Cittadini e professionisti, a vario titolo, del Mezzogiorno hanno gli stessi diritti di quelli del Nord.

Aggiunge Schifani: «Esiste ancora oggi una sperequazione infrastrutturale nel Paese. Poi c’è il tema della insularità, riconosciuta ormai in Costituzione, che è un tema fondamentale nell’ambito della riforma dell’autonomia. È giusto che alle regioni insulari siano date misure compensative per la marginalità geografica in cui sono costretti a vivere milioni di italiani». E conclude: «La mia è una posizione non supina sull’autonomia differenziata. Devo dare atto al partito che dei miglioramenti ci sono stati nel percorso legislativo, però credo che un maggior coinvolgimento collegiale dei governatori da parte del partito sarebbe stato utile».

Se Salvatore De Meo, europarlamentare di Forza Italia che alle recenti europee è stato riconfermato con oltre 40mila voti di preferenza, pone i Lep come requisito per approvare la riforma costituzionale dell’autonomia («Non si tratta di rinnegare un accordo di maggioranza ma non possiamo permettere una prova muscolare su una riforma così importante che non può e non deve arrivare a dividere il Paese») anche dall’interno dell’area di FdI arrivano j’accuse.

Landolfi: Almirante disse che le Regioni non avrebbero portato nulla di buono agli italiani

Mario Landolfi è stato deputato per 5 legislature per Msi, An e Pdl. Ha scritto il libro La Repubblica di Arlecchino (Rubettino). Ricorda: «Giorgio Almirante parlò per nove ore di fila alla Camera. Il suo fu un discorso che potremmo definire profetico. Disse che le Regioni non avrebbero portato nulla di buono agli italiani. In compenso, avrebbero moltiplicato per venti la burocrazia, la partitocrazia, gli sprechi e il malgoverno. Mi sembra che abbia colto nel segno. E adesso si persegue nell’errore. I temi del regionalismo e dell’autonomia rientrano nella Costituzione. La stessa che all’articolo 5 definisce la Repubblica «una e indivisibile». Unità e indivisibilità, tuttavia, non sono concetti limitati alla sola integrità del territorio nazionale, ma investono anche l’uniformità dei diritti e dei doveri dei cittadini. Significa che l’autonomia non può creare italiani di serie A e di serie B. Purtroppo è proprio lì che ci sta conducendo la nuova sbornia del regionalismo».

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