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Fino a mezzo miliardo di euro in più per velocizzare la ricostruzione delle case danneggiate dai terremoti che dal 2016 hanno colpito Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Il governo, con l’ufficio del commissario straordinario alla ricostruzione, sta studiando di alzare il cosiddetto contributo parametrico nel Cratere anche per facilitare il superamento degli effetti del Superbonus.

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In verità, nell’ultimo decreto voluto dal ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha cancellato ogni automatismo sull’incentivo edilizio per mettere freno a un immenso buco di bilancio (170 miliardi finora è quanto erogato), è previsto che nei territori del Cratere si possa continuare a scontare il bonus nella sua massima misura fino al 31 dicembre 2025, ma entro un plafond di risorse pari ai 330 milioni di euro. Però anche in queste aree il Superbonus – che qui si può abbinare al contributo parametrico – si sta rivelando ormai un’arma spuntata.

LA LINEA
Come ricorda spesso il commissario straordinario alla ricostruzione, Guido Castelli, è stato necessario sommare contributo sisma e Superbonus non per non bloccare i lavori. «L’obiettivo della ricostruzione è far sì che gli immobili danneggiati possano essere ripristinati o adeguati dal punto di vista sismico. E con l’aumento delle materie prime, da un lato, e la bolla inflattiva legata al 110 per cento, il contributo non bastava più per la crescita dei prezzi: da qui la necessità di sommare il contributo sisma e il Superbonus per aiutare i territori terremotati». Adesso, però, anche la salvaguardia introdotta dal governo per l’uso dell’incentivo nei territori del Cratere non è più sufficiente. E non in termini economico-finanziari.

VALUTAZIONI

In questo ore i tecnici dell’ufficio del commissario stanno valutando se il plafond dei 330 milioni è sufficientemente capiente per rispondere a tutte le domande di contributi arrivate finora. E, stando ai rumors che arrivano dal governo, il tetto dovrebbe essere ampiamente rispettato. Detto questo, i sindaci del Cratere hanno segnalato che con la fine degli automatismi sullo sconto in fattura e le cessioni del credito decisa a livello nazionale, anche nei loro territori le banche avrebbero mostrato una certa resistenza ad acquistare i crediti. Di conseguenza, la stretta è arrivata prima del tempo anche dove non era prevista.

LA STRATEGIA
Tra Palazzo Chigi, il Mef e l’ufficio del commissario si stanno studiando soluzioni per evitare ripercussioni nei cantieri già aperti, che potrebbero non riuscire più a sostenere l’aumento dei prezzi legati all’aumento delle materie prime. Da qui la decisione – anche se un gruppo di lavoro tecnico sta concludendo le ultime stime sull’impatto finanziario – di aumentare il contributo parametrico, che oggi rimborsa i danni in un range tra il 10 e il 25 per cento in base alla gravità delle lesioni subite agli edifici. L’obiettivo è di rialzarlo, ma le risorse in più – si parla di almeno un mezzo miliardo in più – saranno minori rispetto a quanto erogato finora sommando contributo e Superbonus.

Finora sono state presentate circa 31mila domande per ottenere il contributo parametrico a fronte di una platea potenziale di 50mila aggregati immobiliari danneggiati, per una spesa complessiva di 13,5 miliardi di euro. Sono state approvate circa 20mila richieste, concedendo risorse per 8,2 miliardi. A breve, quindi, bisognerà sbloccare altri 5 miliardi. Senza contare che per le 19mila pratiche non ancora depositate si stima un’ulteriore spesa di 10 miliardi. Il governo ha garantito che quei fondi arriveranno. Ma siccome parliamo di territori che dopo il sisma stanno registrando pericolosi fenomeni di desertificazione, c’è il timore che con l’aumento dei costi dei lavori e la progressiva fuga dei residente dai comuni, molti cantieri si fermino e non ripartano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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