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di Marco Palombi

Esiste una peculiarità italiana, tanto italiana quanto il Chianti o il Maschio Angioino, che dovrebbe far pensare economisti e gente comune.

La peculiarità è questa: le grandi famiglie imprenditoriali italiane contribuiscono a circa il 13.3% del PIL del Bel Paese, e detengono approssimativamente lo 0.965% della ricchezza totale del paese.[i]

La domanda è: come è possibile?

Per i curiosi, facciamo un piccolo elenco

  • Agnelli (Exor, Stellantis, Ferrari, CNH Industrial, Juventus): Circa 180 miliardi di euro (Stellantis: 180 miliardi di euro, Ferrari: 5 miliardi di euro, CNH Industrial: 29 miliardi di euro, Juventus: 0.5 miliardi di euro)
  • Benetton (Edizione, Autostrade per l’Italia, Benetton Group): Circa 15 miliardi di euro
  • Ferrero (Ferrero Group): Circa 12 miliardi di euro
  • Marzotto (Marzotto Group): Circa 2 miliardi di euro
  • Prada (Prada Group): Circa 4 miliardi di euro
  • Moratti (Saras): Circa 10 miliardi di euro
  • Pirelli (Pirelli & C.): Circa 5 miliardi di euro
  • De Benedetti (CIR, GEDI): Circa 3 miliardi di euro
  • Berlusconi (Fininvest, Mediaset, Mondadori): Circa 4 miliardi di euro
  • Del Vecchio (EssilorLuxottica): Circa 17 miliardi di euro.

Il PIL italiano nel 2023 era di circa 1.900 miliardi di euro. Sommando il fatturato delle principali aziende, otteniamo: 180 + 15 + 12 + 2 + 4 + 10 + 5 + 3 + 4 + 17 = 252 miliardi di euro, che rappresenta circa il 13.3% del PIL italiano.

Ora, valutiamo il loro patrimonio

  • Agnelli: Circa 15 miliardi di euro
  • Benetton: Circa 8 miliardi di euro
  • Ferrero: Circa 30 miliardi di euro
  • Marzotto: Circa 1 miliardo di euro
  • Prada: Circa 4 miliardi di euro
  • Moratti: Circa 2 miliardi di euro
  • Pirelli: Circa 1 miliardo di euro
  • De Benedetti: Circa 1.5 miliardi di euro
  • Berlusconi: Circa 7 miliardi di euro
  • Del Vecchio: Circa 27 miliardi di euro

Sommando questi patrimoni, otteniamo:

Patrimonio totale stimato = 15 + 8 + 30 + 1 + 4 + 2 + 1 + 1.5 + 7 + 27 = 96.5 miliardi di Euro. La ricchezza totale delle famiglie italiane è stimata in circa 10.000 miliardi di euro, quindi, il patrimonio complessivo di queste famiglie rappresenta più o meno lo 0.965% del patrimonio totale italiano.

Sulla base di quanto sopra, avremo

L’indice che ci interessa, è l’ultimo in basso a destra, che spiega quanto il peso dell’impiego del patrimonio delle grandi famiglie contribuisca al PIL dell’Italia, rappresentando, in poche parole, una misura del potere contrattuale delle grandi famiglie nei confronti del Sistema Paese.

Nel caso Italia, lo 0.965% del patrimonio dell’Italia produce il 13.789% del PIL, mentre il restante 99.035% del patrimonio, ne produce l’86.211%. Questo da’ la misura dell’importanza relativa di quello 0.965% posseduto dalle Grandi Famiglie italiane sull’economia del Bel Paese.

Ma negli altri Paesi?

Vediamo gli USA

Palombi due

In Francia, abbiamo

palombi tre

In Germania

Palombi quattro

Nella vecchia Albione?

Palombi cinque

In Giappone

Palombi sei

In India

Palombi sette

Paolombi otto

L’Italia mostra una peculiarità dove il sostegno statale gioca un ruolo cruciale nel mantenere l’operatività e la redditività delle grandi aziende famigliari. Questa dinamica contribuisce a un’elevata produzione di PIL da parte delle famiglie industriali rispetto alla loro quota di ricchezza. Rispetto ad altri paesi, come Francia, Germania, Stati Uniti e India, l’Italia combina un alto grado di supporto pubblico con una dipendenza significativa dalle sue famiglie imprenditoriali per il contributo al PIL.

Ma d’altronde, come potrebbe non essere così?

La ricchezza delle famiglie italiane, che hanno una propensione al risparmio tra le più alte al mondo[ii], è fortemente concentrata in asset immobiliari. Secondo la Banca d’Italia, gli immobili costituiscono circa il 60% della ricchezza netta delle famiglie italiane[iii].

Questo vuol dire che una gran parte dei risparmi degli Italiani non viene reinvestita in attività che promuovano la crescita economica, limitando così la mobilità del capitale. Questo per una serie di fattori concomitanti:

  • Il sistema normativo italiano è noto per la sua complessità, che può scoraggiare gli investimenti privati in attività produttive[iv].

  • Investire in mercati finanziari o avviare nuove imprese può comportare costi significativi, rendendo meno attraente l’allocazione di risorse in tali attività[v].

  • Rispetto ad altri paesi, l’Italia offre meno opportunità per investimenti in mercati finanziari avanzati e dinamici, come il venture capital, che sono più accessibili in economie con mercati finanziari più sviluppati come gli Stati Uniti [vi] e [vii].

In paesi come gli Stati Uniti e i paesi nordici, una maggiore percentuale di ricchezza privata è investita in strumenti finanziari liquidi e mobili. Questo facilita una partecipazione più ampia ai mercati produttivi e promuove una crescita economica più dinamica.

Le grandi famiglie imprenditoriali in Italia, come gli Agnelli, i Benetton e i Ferrero, riescono a capitalizzare questa situazione. Detengono un’ampia quota del mercato economico e, grazie alle loro risorse e competenze, possono investire efficacemente in vari settori produttivi. La loro capacità di mobilitare grandi capitali li pone in una posizione di vantaggio rispetto alla massa delle famiglie italiane (Banca d’Italia, 2023).

Le grandi famiglie infatti hanno un accesso più agevole al credito rispetto alle piccole e medie imprese (PMI), facilitando ulteriormente i loro investimenti (OECD, 2023).

Secondo la Banca d’Italia, nel 2022, il tasso medio sui prestiti concessi alle grandi imprese era significativamente più basso rispetto a quello per le PMI. Le grandi imprese ottenevano prestiti a un tasso medio del 2%, mentre per le PMI il tasso era di circa il 3,5% (Banca d’Italia, 2023).

Questo gap di 1,5 punti percentuali è indicativo di una percezione di rischio inferiore associata ai prestiti alle grandi imprese. Le grandi imprese possono offrire garanzie e collaterali più consistenti, riducendo il rischio percepito dai finanziatori e abbassando i costi del credito: spesso con asset importanti e un track record consolidato, esse sono in grado di fornire garanzie solide come immobili commerciali o asset produttivi di alto valore. Questo contrasta con le PMI, che possono avere difficoltà a fornire garanzie equivalenti. Le garanzie più forti consentono alle grandi imprese di negoziare migliori condizioni di prestito e tassi di interesse più bassi.

Le grandi imprese hanno anche accesso a volumi di prestito molto superiori rispetto alle PMI, facilitando la loro capacità di finanziare grandi progetti e espandere le loro operazioni. Nel 2022, le grandi imprese hanno ricevuto il 60% del totale dei prestiti concessi alle imprese in Italia, mentre le PMI, che costituiscono oltre il 90% delle imprese italiane in termini numerici, hanno ricevuto solo il 40% dei finanziamenti totali (ISTAT, 2023). Questa disparità è significativa e mostra come le grandi imprese dominino l’accesso al credito.

Le grandi famiglie imprenditoriali beneficiano di accesso preferenziale ai sistemi di pianificazione fiscale. Il loro volume d’affari giustifica il ricorso ai DTA (deferred tax assets). Ad esempio, Fiat Chrysler Automobiles (FCA,) prima della fusione con PSA per formare Stellantis, aveva accumulato DTA significative grazie a grandi perdite fiscali riportabili, specialmente dopo la crisi finanziaria del 2008.

La pianificazione fiscale è un elemento curato dalle grandi aziende, ma non dalle PMI, che non hanno risorse sufficienti per gestire tale pianificazione.

E poi c’è una considerazione: se chiude una piccola impresa, è un problema dell’impresa, se chiude FCA è un problema della Nazione.

Le PMI sono spesso il cuore dell’economia locale. Forniscono occupazione diretta ai residenti e supportano altri business locali attraverso la domanda di beni e servizi. Quando una PMI chiude, l’impatto principale è sentito nella comunità locale, con perdita di posti di lavoro e riduzione della spesa locale.

Le PMI generalmente operano con catene di fornitura meno complesse rispetto alle grandi aziende. Questo significa che la loro chiusura, sebbene impattante, non sconvolge in modo significativo le filiere produttive nazionali o internazionali.

Il loro indebitamento nel sistema bancario non è rilevante.

Stellantis, invece, come altre grandi aziende, impiega migliaia di lavoratori direttamente e indirettamente. La sua chiusura potrebbe portare a una significativa perdita di posti di lavoro non solo nei suoi stabilimenti, ma anche tra i fornitori e partner che dipendono dall’azienda per la loro attività.

Secondo i dati del 2022, Stellantis ha circa 400.000 dipendenti a livello globale, con una significativa presenza in Italia. La chiusura di stabilimenti o la riduzione della produzione avrebbe un impatto devastante sull’occupazione (Stellantis, 2022).

Le grandi aziende sono spesso al centro di reti di fornitura complesse che includono numerose altre aziende. La loro chiusura potrebbe perturbare queste catene di approvvigionamento, influenzando numerose altre imprese. Ad esempio Stellantis in quanto grande produttore automobilistico, ha una vasta rete di fornitori che include produttori di componenti, servizi logistici e altre industrie correlate. La chiusura avrebbe un effetto a catena su tutti questi settori (OECD, 2023).

La chiusura di una grande azienda come Stellantis può innescare tensioni sociali e politiche che possono portare a disordini sociali, come visto in Italia e in altri paesi durante periodi di crisi industriali. Le conseguenze includono proteste dei lavoratori, pressioni sui governi per intervenire e stabilizzare l’occupazione e possibili incentivi economici per prevenire la chiusura, fino a costringerli a varare misure di sostegno. (Banca d’Italia, 2023).

In conclusione, è interessante osservare quanto anche la politica, quindi, che dovrebbe essere emanazione della volontà dei cittadini, sia portata dallo stato delle cose a favorire determinate realtà.

Ma questo accade dai tempi di Giuseppe Perotti[viii].

 

[i] Bibliografia

Fonti Primarie:

– Ottobre.info. (2020). Origini e particolarità dello sviluppo del capitalismo in Italia. [online] Available at: [https://www.ottobre.info/2020/02/19/origini-e-particolarita-dello-sviluppo-del-capitalismo-in-italia/](https://www.ottobre.info/2020/02/19/origini-e-particolarita-dello-sviluppo-del-capitalismo-in-italia/) [Accessed 26 Jun. 2024].

– Ottobre.info. (2020). Lo sviluppo del capitalismo nell’Italia liberale. [online] Available at: [https://www.ottobre.info/2020/02/19/lo-sviluppo-del-capitalismo-nellitalia-liberale/](https://www.ottobre.info/2020/02/19/lo-sviluppo-del-capitalismo-nellitalia-liberale/) [Accessed 26 Jun. 2024].

– Ottobre.info. (2020). I molteplici volti del capitalismo: liberalismo, fascismo e statalismo. [online] Available at: [https://www.ottobre.info/2020/03/19/i-molteplici-volti-del-capitalismo-liberalismo-fascismo-e-statalismo/](https://www.ottobre.info/2020/03/19/i-molteplici-volti-del-capitalismo-liberalismo-fascismo-e-statalismo/) [Accessed 26 Jun. 2024].

Fonti Secondarie:

– Ferrero Group. (2024). History and Heritage. [online] Available at: [https://www.ferrero.com/history-and-heritage](https://www.ferrero.com/history-and-heritage) [Accessed 26 Jun. 2024].

– Fiat Chrysler Automobiles. (2021). Our History. [online] Available at: [https://www.fcagroup.com/en-US/group/history/Pages/default.aspx](https://www.fcagroup.com/en-US/group/history/Pages/default.aspx) [Accessed 26 Jun. 2024].

– Stellantis. (2024). Stellantis: Our Legacy. [online] Available at: [https://www.stellantis.com/en/company/our-legacy](https://www.stellantis.com/en/company/our-legacy) [Accessed 26 Jun. 2024].

– OECD. (2023). Italy – Economic Forecast Summary. [online] Available at: [https://www.oecd.org/economy/italy-economic-snapshot/](https://www.oecd.org/economy/italy-economic-snapshot/) [Accessed 26 Jun. 2024].

– European Union. (2023). EU Regional Development Funding. [online] Available at: [https://ec.europa.eu/regional_policy/en/funding/](https://ec.europa.eu/regional_policy/en/funding/) [Accessed 26 Jun. 2024].

Fonti Specifiche su Fiat e la Famiglia Agnelli:

– Berta, G. (2018). Fiat Chrysler e la deriva dell’Italia industriale. Bologna: Il Mulino.

– Franceschi, G. (2020). L’industria automobilistica italiana. Roma: Carocci.

Fonti Specifiche su Ferrero:

– Grasselli, G. (2021). Michele Ferrero: L’uomo che inventò la Nutella. Milano: Mondadori.

– Melis, A. (2017). Ferrero: un sogno realizzato. Milano: Rizzoli.

[ii] OECD, 2023. Household Savings Rate. [online] Disponibile presso: https://data.oecd.org/hha/household-savings.htm [Accesso 20 Giugno 2024]

[iii] Banca d’Italia, 2023. Distributional Accounts on Household Wealth. [online] Disponibile presso: https://www.bancaditalia.it/statistiche/tematiche/contabilita-finanziaria/conti-distributivi-ricchezza/index.html [Accesso 20 Giugno 2024].

[iv] ISTAT, 2024. Household Economic Conditions. [online] Disponibile presso: https://www.istat.it/en/archive/households [Accesso 20 Giugno 2024]

[v] Banca d’Italia, 2020. Survey on Household Income and Wealth. [online] Disponibile presso: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2020/index.html [Accesso 20 Giugno 2024]

[vi] Banca d’Italia, 2023. Distributional Accounts on Household Wealth. [online] Disponibile presso: https://www.bancaditalia.it/statistiche/tematiche/contabilita-finanziaria/conti-distributivi-ricchezza/index.html [Accesso 20 Giugno 2024].

[vii] Il Sole 24 Ore del 26 giugno 2024: “È pur vero che l’ex Aim, il segmento di mercato dedicato alle piccole e piccolissime imprese, continua invece ad allungarsi: dalle 95 realtà quotate nel 2017 si è passati a 203 nel 2023, con 34 nuove ammissioni solo nell’ultimo anno. Sull’Euronext growth la capitalizzazione di mercato, passata da 5,6 miliardi a 8 miliardi dal 2017 al 2023, non è cresciuta però in proporzione.

Ma soprattutto non sono decollati gli scambi che dai 2 miliardi del 2017 sono addirittura scesi a 1,9 miliardi lo scorso anno. Vuol dire che mediamente ogni titolo ha mosso scambi per 36mila euro al giorno. Un ambiente troppo ristretto per gli investitori istituzionali, che per puntare sulle microimprese rischierebbero di fare la parte degli elefanti in cristalleria.”

Quindi è un mercato negletto sia dai risparmiatori che dagli investitori istituzionali.

Questo conferma tre cose:

1. l’Italia è sempre di più un ambiente ostile per le PMI, tra politiche fiscali e del lavoro penalizzanti rispetto alle grandi imprese e difficoltà ad accedere alla finanza ordinaria (al contrario delle grandi imprese). Per inciso me lo avevano detto, negli anni ‘90, autorevoli personaggi che sarebbe stato cosi…

2. Gli investimenti in quel segmento risentono grandemente della possibilità di crescita economica della Nazione, e delle aspettative in tal senso di fondi e persone, molto di più rispetto al segmento grandi imprese.

3. Il segmento PMI non è neanche appetibile per i grandi fondi, che se ne disinteressano. Un investimento massivo in tal segmento non è considerato strategico, non restituirebbe né resa né potere sul Paese e il suo governo. Meglio dominare attraverso l’opinione pubblica come nel caso del Green.

[viii] Il Generale Giuseppe Perotti: Giuseppe Perotti era un generale dell’esercito italiano che intervenne durante le occupazioni operaie delle fabbriche Fiat a Torino nel settembre del 1920.

L’Italia stava attraversando il cosiddetto “Biennio Rosso” (1919-1920), un periodo di forte agitazione sociale e politica caratterizzato da scioperi, occupazioni di fabbriche e movimenti rivoluzionari. Gli operai della Fiat, ispirati dagli eventi rivoluzionari russi, occuparono le fabbriche chiedendo migliori condizioni lavorative e salari più alti.

Per sedare le occupazioni, il governo italiano inviò truppe sotto il comando del generale Giuseppe Perotti. L’intervento militare fu estremamente duro e culminò nell’uso della forza contro i lavoratori occupanti, con conseguenze tragiche.

L’uso della forza militare contro gli operai portò infatti alla morte e al ferimento di numerosi lavoratori. L’evento segnò una delle più brutali repressioni del movimento operaio italiano del periodo.

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