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ANCONA L’incubo della sanità marchigiana da sempre. La mobilità passiva ha drenato dalle casse del Sistema sanitario regionale oltre 400 milioni di euro in 10 anni. Cifra monster che avrebbe potuto essere investita nel potenziamento dei servizi ai cittadini ma che invece è andata a gonfiare le tasche di altre regioni, Emilia Romagna e Lombardia su tutte. 

Le risorse

L’anno in corso non farà eccezione, stando alle cifre prospettate nel bilancio preventivo economico annuale 2024 degli enti del sistema sanitario regionale. La giunta, con delibera dello scorso aprile, ha aggiornato il documento che autorizza le aziende alla redazione del documento, definendo il perimetro all’interno del quale dovranno muoversi. Dalla fotografia emerge come la programmazione regionale delle risorse tra gli enti del Ssr per il 2024 preveda 115.794.327 euro alla voce mobilità attiva interregionale e internazionale, ma nella bilancia pesa molto di più il piatto della mobilità passiva: l’indicazione sui costi di gestione è di 165.539.528 euro. Tradotto: perderemo per strada quasi 49,7 milioni di euro. La provincia di Pesaro Urbino è quella che soffre maggiormente il fenomeno della mobilità passiva, anche a causa della vicinanza geografica alle gettonate cliniche romagnole. I pazienti marchigiani vanno oltre confine soprattutto per ricoveri ordinari e specialistica ambulatoriale. Le sue strutture ospedaliere dell’Emilia Romagna erogano circa il 50% dei ricoveri di residenti marchigiani che decidono di migrare altrove per curarsi. Seguono la Lombardia con il 13% circa, l’Umbria e il Lazio con percentuali attorno all’8-9%. A causare l’emorragia di pazienti è in particolare l’area ortopedico-traumatologica, seguita da quella cardiologica interventistica. 

L’altra metà del cielo

C’è poi il rovescio (positivo) della medaglia: quello che riguarda la mobilità attiva. Ad attirare pazienti da fuori regione sono soprattutto le strutture nella provincia di Ascoli Piceno – il contributo maggiore alla nostra mobilità attiva viene infatti da pazienti abruzzesi – e l’Azienda ospedaliero universitaria di Torrette, riconosciuta come un’eccellenza a livello nazionale. Ma la parte del leone, in questo segmento, la fanno le strutture private, quindi il ritorno per il pubblico è parziale. Come ricetta per invertire questa tendenza da incubo, il Piano socio sanitario 2023/2025 elaborato dalla Regione propone di rendere la sanità sempre più territoriale, avvicinando i servizi al cittadino.

I provvedimenti

E nell’Ast di Pesaro Urbino sono stati avviati percorsi di presa in carico e protocolli ad hoc tarati sull’ortopedia, così da frenare l’emorragia di pazienti verso l’Emilia Romagna. Ma la ragione per cui i marchigiani scelgono di curarsi altrove non è solo legata a questioni di prossimità geografica. «La migrazione – viene spiegato nel Piano socio sanitario – può derivare in parte da scelte connesse ad aspetti qualitativi del servizio percepiti dal paziente e, in parte, dalla presenza nel territorio a nord delle Marche di poli ospedalieri di eccellenza (ad esempio, il polo ortopedico-traumatologico Istituto Rizzoli di Bologna)». Invertire questa percezione diventa la priorità assoluta perché perdere tra i 40 ed i 50 milioni l’anno in mobilità passiva indebolisce inevitabilmente l’intero sistema sanitario regionale. 



 

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