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Blitz anti-caporalato nella mattinata di oggi a Fanzolo di Vedelago, in un campo di via Montegrappa. Ad entrare in azione i carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro e dei militari della stazione di Vedelago. Sono stati rintracciati in un terreno agricolo mentre erano dediti alla raccolta di ortaggi, in particolare delle zucchine, sotto una pioggia battente, quattro lavoratori di nazionalità indiana. Solo uno di questi, un 41enne, dalle prime verifiche, sarebbe in regola mentre gli altri tre, due giovani poco più che ventenni ed un 32enne, sono risultati “in nero”. Al datore di lavoro, che ha il terreno agricolo in locazione, anche lui di nazionalità indiana, è stata sospesa l’attività in attesa della regolarizzazione della stessa e sarà comminata una elevata sanzione amministrativa prevista dalla normativa in materia, appunto, di lavoro nero, per circa 10mila euro.

Nei giorni scorsi la Cgil regionale ha denunciato gravi episodi di sfruttamento in particolare nella zona di Oderzo e Ponte di Piave, con almeno una cinquantina di lavoratori di origine indiana costretti a lavorare nei vigneti a 5 euro all’ora, in una condizione precaria e con orari massacranti. I braccianti vivevano alloggiati in un casolare: il sindacato è riuscito a salvarne e metterne sotto tutela tredici, tutti tra i 30 e i 40 anni.

«Il caporalato, come dimostrano le denunce della Cgil e le azioni della Guardia di Finanza è una piaga che colpisce purtroppo anche il Veneto». Lo dice il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Pd in Veneto. «Gli strumenti per contrastare questa piaga, che interessa tutta l’Italia, ci sono. A partire dalla legge 199 del 2016, voluta e approvata dal centrosinistra, dal piano per il superamento degli insediamenti abusivi, storici luoghi di reclutamento e sfruttamento da parte del caporalato. Piano che è stato inserito tra i punti qualificanti del Pnrr con 200 milioni di euro a disposizione dei comuni per alloggi dignitosi, a cui il Governo della destra colpevolmente non ha ancora dato seguito mettendone a rischio i fondi. A ciò si aggiunge la cronica mancanza di ispettori e di personale di controllo dovuta anche all’inspiegabile rallentamento delle assunzioni e alla sovrapposizione di competenze e burocrazie che non aiutano certo ad arginare il fenomeno, a tutto vantaggio di criminali senza scrupoli. Serve una presa di coscienza della drammaticità del fenomeno prima che sia la cronaca a mostrarcelo. Il governo si assuma la responsabilità e non si limiti alle dichiarazioni di circostanza».

«La scoperta di 50 braccianti ridotti in schiavitù nella campagna trevigiana rappresenta solo la punta dell’iceberg di un fenomeno, quello del caporalato e dello sfruttamento, che in questa provincia è più diffuso di quanto si possa pensare. Lo sviluppo senza limiti del vitivinicolo ha certamente contribuito ad attrarre in queste zone grandi flussi di manodopera a basso costo e priva di ogni strumento di conoscenza delle regole basilari. Un esercito di malcapitati che viene sfruttato senza pietà. Su questo è doveroso innanzitutto fare appello alle aziende agricole, affinché non si rendano parte attiva di un sistema di illegalità crudele. Al tempo stesso ritengo sia doveroso che la Regione applichi una regola di buon senso e deterrenza: chi ha sfruttato violando ogni legge e calpestando ogni diritto umano, deve essere cancellato da ogni beneficio e contributo finanziario. Ricordo che in Veneto, dal 2010 al 2020 sono stati stanziati per il vitivinicolo ben 580 milioni a fondo perduto. Un fiume di denaro che non può andare a questi sciacalli». La presa di posizione è del consigliere regionale del Pd Veneto, Andrea Zanoni.

«La nostra azione politica non può fermarsi allo sdegno e alla rabbia davanti alle costanti morti di braccianti sfruttati per pochi euro su tutto il territorio nazionale, dobbiamo agire con coraggio. Per questo ho depositato una mozione nella quale chiedo che la Giunta regionale intervenga attraverso l’adozione di vari strumenti, a partire dal dare continuità ad una serie di progettualità sul tema di cui è capofila o partner che rischiano di chiudersi a breve, oltre a potenziare, come richiesto da tempo, gli SPISAL regionali e dare piena attuazione allo specifico Protocollo di intesa sottoscritto dalla Regione e diversi sindacati e associazioni di categoria nel 2019 per promuovere azioni a difesa della legalità». E’ quanto dichiara Elena Ostanel, consigliera regionale del Veneto che Vogliamo, alla luce delle recenti vicende di caporalato. «Secondo l’ultimo rapporto Flai-CGIL il lavoro irregolare varrebbe 5,4 miliardi di euro in Veneto che equivalgono al 3,8% del pil Regionale, oltre a ricordarci che siamo la seconda Regione per numero di morti sul lavoro. Il caporalato esiste, anche se spesso ci voltiamo dall’altra parte per non riconoscerlo, ed è il nuovo schiavismo nel mercato del lavoro: persone, spesso invisibili per lo Stato, che per pochi euro all’ora lavorano dalla mattina alla sera in diversi ambiti dell’industria senza alcun diritto. Non è una questione relegata all’agricoltura nell’agro pontino – prosegue Ostanel- ma raggiunge tutto il Paese, anche il Veneto come ci dimostra il caso denunciato dai giornali oggi in provincia di Treviso, ed è per questo che con coraggio dobbiamo usare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per sradicare questa piaga. Vogliamo che l’Aula discuta presto di questo tema e prenda una pozione chiara sul ruolo che la Regione può giocare, perché è solo con l’impegno di tutte e tutti che potremo garantire pari diritti, anche a livello lavorativo» conclude Ostanel.

 

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