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Come da nuovo dettato normativo, nel corso della composizione negoziata della crisi di impresa può essere effettuata la cessione dell’azienda, secondo lo schema ex art. 22 lett. d) CCII il quale statuisce che “Su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può: … d) autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”.

Al contrario, la permanenza degli effetti del vincolo di solidarietà cui all’art. 2560 cod. civ. in merito ai debiti relativi all’azienda ceduta secondo il vincolo civilistico è tale che “…  L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito …”, rendendo la cessione operata nei termini della fattispecie ex art. 22 lett. d) CCI molto più conveniente ed adatta ad un Codice della Crisi di nuova generazione, che della second chance e del fresh start fanno un baluardo della continuità di impresa e della preservazione del patrimonio aziendale.

Infatti, il nuovo modello ex art. 22 lett. d) CCII si pone come una soluzione più vantaggiosa rispetto all’ipotesi civilistica di cessione disciplinata ex art. 2556 cod. civ., la quale prescrive che i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere solo provati per iscritto e non anche conclusi per iscritto a pena di invalidità.

Si fa, allora, diventare quest’ultima ipotesi meramente residuale e non performante rispetto ad una composizione negoziata, che è volta al riequilibrio economico finanziario e patrimoniale.

Ciò non di meno, anche la cessione dell’impresa avvenuta ex art. 22 CCII non può superare la responsabilità sia del venditore che dell’acquirente nei confronti dei lavoratori, verso i quali rimane solidale il vincolo di responsabilità, anche qualora le richieste economiche degli stessi lavoratori non fossero state avanzate prima della cessione (ex art. 2112 cod. civ.).

Crisi d’impresa e insolvenza 2024, di Autori AA. VV., Ed. Ipsoa, 2024. Il volume analizza e interpreta la normativa concorsuale e le diverse metodologie di gestione della crisi d’impresa, applicabili alle imprese italiane, a seconda della gravità della situazione.
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Quindi ed in buona sostanza l’effetto purgativo dei debiti del cedente a beneficio del cessionario dell’azienda, che discende dall’autorizzazione del Tribunale, sconta delle limitazioni o comunque delle cautele poste a tutela del personale dipendente.

Il rapporto di lavoro viene preservato e continua con il cessionario, conservando il lavoratore tutti i diritti che ne derivano.

L’art. 22 qui in analisi riprende la formulazione, con qualche modifica, dell’art. 10, D.L. 118/2021, convertito dalla L. 147/2021.

In particolar modo va precisato che, a far data dal 15.7.2022, è stato abrogato il solo comma 1 di quest’ultima norma.

Non sono stati invece abrogati i commi 2 e 3 che appartengono alla rinegoziazione dei contratti ad esecuzione continuata, periodica o differita, le cui prestazioni sono divenute eccessivamente onerose per effetto del cigno nero pandemico (Sars-CoV-2), ed al relativo procedimento (art. 46, d.lgs. 83/2022).

La norma rappresenta una parentesi giudiziale nell’ambito di un percorso tipicamente stragiudiziale, al pari di quanto accade con il procedimento per la conferma delle misure protettive e cautelari (artt. 18 e 19 CCII). L’intervento del tribunale, eventuale ed episodico, è qui finalizzato o ad incentivare il finanziamento dell’impresa che si trova in condizioni di squilibrio economico e finanziario consentendo la “prenotazione” della prededuzione, o ad agevolare il trasferimento dell’azienda prevedendo facilitazioni per l’acquirente.

In ordine all’autorizzazione, è detto per inciso che il Tribunale debba ravvisare, per la cessione di azienda, una funzionalità sia rispetto alla continuità aziendale che alla miglior soddisfazione dei creditori. Riservandosi il tribunale stesso, con il decreto autorizzativo, di dettare quelle « misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti».

L’assunto è un nitido accorgimento volto a rendere quanto più flessibile ed usufruibile lo strumento, consentendo all’autorità giudiziaria di adattarlo caso per caso.

Inoltre, la norma prevede che il Tribunale verifichi “altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente” (Trib. Piacenza 1.6.2023 e Trib. Milano 12.8.2023 in www.dirittodellacrisi.it).

Sul punto la dottrina aveva già avuto modo di suggerire come, fra le misure opportune che il Tribunale avrebbe potuto adottare, vi erano anche l’adozione di forme di pubblicità e lo svolgimento di procedure competitive per la selezione della migliore offerta di acquisto.

In questa direzione risulterà opportuno che il Tribunale effettui una prudenziale esplorazione del mercato e, in presenza di più interessamenti, dovrà predisporsi un regolamento per l’espletanda procedura competitiva (Trib. Parma 4.11.2022).

Per riassumere, il procedimento di cessione d’azienda ex art. 22 CCII si estrinseca attraverso le seguenti 5 fasi, :

  1. Verifica della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori;
  2. Ascolto delle parti interessate;
  3. Verifica del rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente;
  4. Adozione delle misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate, al fine di tutelare gli interessi coinvolti;
  5. Decisione in composizione monocratica.

Il procedimento si svolge innanzi al Tribunale competente ex art. 27 CCII, nel luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, ed è necessario il patrocinio di un legale sulla base di quanto previsto dall’art. 82, co. 3, c.p.c. (contra NASTRI, op. cit., 13).

Ma a parere dello scrivente la soluzione che vede il patrocinio del legale appare confermata dall’art. 9, co. 2, CCII, in forza del quale, salvo che non sia previsto diversamente, nelle procedure previste dal CCII “il patrocinio del difensore è obbligatorio”.

Il Tribunale, sentite le parti interessate, provvede in composizione monocratica nella prima fase e collegiale in quella di eventuale reclamo, con esclusione dal collegio del giudice che ha reso o negato il provvedimento impugnato.

Il provvedimento è assoggettabile a reclamo nel termine di dieci giorni ex art. 739 c.p.c. e assume efficacia esecutiva una volta decorso infruttuosamente tale termine, salvo che, per ragioni di urgenza, lo stesso venga munito di efficacia immediata ex art. 741, co. 2, c.p.c.

Conclusioni

Lo strumento della cessione di azienda secondo lo schema e metodo ex art 22 CCII rende la composizione negoziata un vero e proprio laboratorio del riequilibrio economico finanziario e patrimoniale.

Un parallelismo con le procedure concorsuali appare superfluo, stante che nei casi di procedure concorsuali si tratta di vendite coattive, mentre la norma in commento disciplina le vendite volontarie e che tali rimangono anche laddove il loro perfezionamento sia preceduto dall’esito di procedure competitive.

Un chiarimento si ritiene utile sull’assenza del vincolo di solidarietà nell’utilizzo dello strumento ex art. 22 CCII che presuppone l’effetto purgativo dei debiti del cedente a beneficio del cessionario dell’azienda, rispetto all’ipotesi civilistica di cessione disciplinata ex art. 2556 cod. civ.

Tale istituto è volto a continuare a marcare la distanza tra la composizione negoziata e gli strumenti di regolazione della crisi e da questi alle procedure ex Legge fallimentare.

Tale cambio di cultura nel diritto d’impresa è oramai presente in maniera preponderante.

Sul punto infatti, secondo parte della dottrina, la disposizione in commento rappresenta un concreto esempio di quanto la categoria delle procedure concorsuali (intesa come l’insieme di disposizioni ed istituti) sia oramai superata, avendo il legislatore previsto ed inserito istituti di diritto concorsuale anche all’interno di procedimenti che tali non sono, come nel caso della composizione negoziata (D’ATTORRE, Fall. 22, 301).

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